giovedì 4 ottobre 2012

Semplicemente...Max !

Max, Max, Max. Un piccolo diminutivo per un grande uomo che da 8 anni alberga, di tanto in tanto, nei miei sogni e nelle mie fantasie più sconce. Max è l’istruttore di nuoto che 8 anni fa ha avuto il merito di mettermi nell’acqua della piscina e di insegnarmi a stare a galla ed a nuotare. Se oggi frequento ancora la piscina è quasi del tutto merito suo. Uno in particolare dei miei sogni, legati a lui, è divenuto magnifica realtà pochi giorni fa, e ancora stento a crederci. Ma andiamo per ordine. Come dicevo, Max l’ho conosciuto 8 anni fa, quando iniziai a seguire un corso di nuoto principianti per adulti, per imparare, finalmente, alla mia età, a nuotare in maniera decente. All’atto dell’iscrizione non sapevo a quale istruttore sarei stato assegnato ed alla prima lezione rimasi piacevolmente colpito da questo istruttore, poco più giovane di me, che con fare rassicurante si presentò allo spaventato gruppetto di adulti, tra cui io, tutti “piombi” incapaci di nuotare. Bellissimo e simpatico, alto e magro, senza un filo di grasso, con una fluente chioma bionda sulle spalle, indossava scarpe da ginnastica, un pantaloncino e la maglietta con il logo della piscina. Subito mi chiesi se e quando lo avremmo visto in costume da bagno, ma le mie attese furono parzialmente afflosciate dal constatare che, di norma, faceva lezione “all’asciutto”, rimanendo a bordo vasca. Ciononostante, nei mesi seguenti, di tanto in tanto, “concedeva” un po’ di sé. Una volta faceva lezione a torso nudo, un’altra in costume e senza pantaloncino (ma con la maglietta), un’altra ancora calzava degli infradito, al posto delle solite scarpe da ginnastica, che mettevano in risalto i suoi talloni perfetti, levigati e da sturbo. Le rare volte che a mancare era il pantaloncino, cercavo di valutare, tra una vasca e l’altra, la quantità di “roba” presente nel costume, ma con scarsi risultati. Nel complesso mi feci comunque l’idea che fosse sostanzialmente timido e non particolarmente dotato. Lo vidi finalmente con il solo costume da bagno, 4 o 5 mesi dopo, quando, una sera, per la prima volta, si tolse maglietta e pantaloncini, in un crescendo di agitazione ed ammirazione tra i presenti, per mostrarci la tecnica per eseguire i tuffi dai blocchi di partenza. Ragazzi ! Che perfezione di fisico ! La tartaruga appena accennata, due gambe affusolate, un torace pieno e sviluppato ed un sorriso malandrino sul viso. Quella volta arrivai alla conclusione che Max sapeva perfettamente di essere molto bello e di essere guardato con ammirazione da tutti e forse era proprio questo il motivo per cui si “concedeva” così poco, per non turbare i presenti. C’è da dire, infatti, che tutti gli altri istruttori, che vedevo impegnati negli altri corsi, facevano lezione rigorosamente a torso nudo e, quasi sempre, solo in costume. Per il resto, speranze di una maggiore intimità con Max non ce n’erano, poiché gli istruttori avevano uno spogliatoio privato. Dopo aver finito il corso di base, ho continuato saltuariamente a frequentare la piscina per il nuoto libero e, casualmente, ho scoperto che Max, che nel frattempo si è tagliato i lunghi capelli, tutti i martedì, si allena, fuori dagli orari dei corsi, nuotando centinaia di vasche a stile libero. Ho così iniziato a frequentare la piscina sempre in quell’orario per potermi godere la visione del bel Max, con addosso solo uno striminzito costumino nero, che fluttua flessuoso su e giù nella corsia accanto alla mia. Vederlo scivolare, con calma e sicurezza, e poi “planare” in giravolta sul lato corto della corsia per iniziare una nuova vasca, è uno spettacolo unico di armonia e virilità. Ma ormai, fino alla scorsa settimana, mi ero abituato all’idea che tutto ciò costituisse il massimo risultato possibile, per me, nei suoi confronti.  Alla ripresa settembrina dell’attività, su consiglio di un altro istruttore, ho pensato che sarebbe stato opportuno riprendere il corso di nuoto per migliorare i miei stili, ma ho scoperto, purtroppo, che i pochi posti liberi disponibili erano in giorni e/o orari impossibili per me. La receptionist che mi ha illustrato la situazione si è detta molto dispiaciuta di non potermi aiutare ma poi, pensando tra sé e sé, mi ha detto di ripassare da lei al termine del mio consueto allenamento libero e che nel frattempo avrebbe visto se poteva fare qualcosa per me. Ho capito subito che aveva in mente una soluzione non convenzionale, ma non riuscivo a intuire quale. Quando sono uscito dagli spogliatoi e mi sono avvicinato al banco della reception per sapere se c’erano novità, lei mi ha fatto cenno di aspettare, anche perché aveva gente davanti ed ho capito che voleva parlarmi riservatamente. Dopo un po’, rimasti da soli, mi dice: “Ho pensato ad una soluzione, se può andarti bene, ma prima di parlartene dovevo sapere se Max era d’accordo”. Max ? Cosa c’entrava Max ? Ero tutt’orecchi ! Parlando a bassa voce e con circospezione, ha continuato dicendo: “Al sabato pomeriggio, dopo il corso delle 17 che finisce alle 18, Max resta ad allenarsi da solo, poiché sta preparando una gara master e deve fare massicce dosi di lavoro e siccome so che è stato il tuo allenatore e l’anno scorso ha fatto la stessa cosa per un altro cliente, gli ho chiesto se puoi venire in quell’orario e può darti uno sguardo nell’altra corsia, sperando che per te possa andar bene come soluzione di ripiego; devi però tener presente che è una cosa molto riservata, poiché l’assicurazione non copre i rischi per attività fuori orario e se accetti lo fai sotto la tua sola responsabilità”. Io non ascoltavo già più da un po’ quello che mi stava dicendo…Max ed io soli in piscina ! Non avevo bisogno di sapere di più ! La receptionist mi disse, intanto, che andava a chiamare Max così ci saremmo messi d’accordo. Max arrivò, mi salutò e mi portò con sé in un fianco appartato dell’ hall di ingresso della piscina e mi spiegò bene come dovevo comportarmi. Per non dare nell’occhio, avrei dovuto arrivare verso le sei e un quarto del sabato successivo; a quell’ora tutti i clienti presenti sarebbero stati negli spogliatoi comuni, intenti a prepararsi per andar via; io avrei dovuto bussare alla porta a vetri del locale piscina, senza passare dall’ingresso col rischio di incrociare qualcuno, e lui sarebbe venuto ad aprirmi da lì e mi avrebbe fatto entrare; aggiunse che, ovviamente, non potevo farmi vedere dagli altri mentre mi preparavo e che quindi avrei dovuto “adattarmi” ad usare lo spogliatoio degli istruttori; questa avvertenza mi fece cambiare colore ! Avremmo usato lo stesso spogliatoio ! Gli dissi che per me non c’erano problemi di sorta e lo ringraziai per il favore che mi stava facendo. Da quel momento, non pensai ad altro che al sabato successivo, cioè sabato scorso. Intanto, provavo ad immaginare tutta una serie di situazioni che si sarebbero potute creare e cercavo di programmare un comportamento per ciascuna di esse. Pensai che non era affatto scontato che al termine della mia “lezione”, Max avrebbe terminato l’allenamento e quindi non era certo che saremmo stati insieme nello spogliatoio nello stesso momento; nel caso, avrei dovuto continuare a resistere a far vasche finché lui non avesse terminato; inoltre, considerati i precedenti, non era sicuro che Max avrebbe fatto la doccia senza costume; e se capitava di fare la doccia insieme, avrei dovuto togliermi il costume, senza attendere che lui lo facesse ? Tutto ciò mi rendeva irrequieto. Non restava che aspettare il grande giorno. Al sabato pomeriggio preparai la borsa con le mie cose e mi avviai in piscina. Arrivai qualche minuto prima delle 18.15. Mi affacciai al grande vetro del locale-piscina e vidi che qualcuno, certamente Max, nuotava in seconda corsia; al suo fianco, la prima corsia era vuota e le altre erano già state coperte con i teloni; per il resto, come previsto, non si vedeva nessuno; bussai con le nocche alla porta a vetri; Max, udì subito, si fermò a metà vasca, attraversò la prima corsia e, con uno scatto, poggiò le mani al bordo piscina e si issò su con le braccia. Che felino ! Indossava il solito costume a slip tutto nero. Mi venne ad aprire, tutto gocciolante, sorridendomi e, a voce bassa e con aria vagamente complice, mi disse: “Ciao. Vai pure. Nel nostro spogliatoio ci sono ancora i ragazzi (capii che si riferiva agli altri istruttori…), ma loro sono informati. Vai tranquillo”. Lo ringraziai e mentre lui, alle mie spalle, si rituffava in vasca, entrai nel locale spogliatoio degli istruttori. Appena entrato, vidi Luca e Riccardo, due giovani istruttori, che chiacchieravano mentre si asciugavano i capelli sotto i phon a muro, dopo aver fatto la doccia. A parte le ciabatte ai piedi, entrambi erano completamente nudi. Mi salutarono cordialmente e non mi parvero infastiditi della mia “invasione di campo”. Certamente non erano in imbarazzo, anche se, effettivamente, pur conoscendoli da alcuni anni, non li avevo mai visti nudi nè eravamo mai stati tanto in intimità. Questa circostanza mi fece pensare, ma non potevo darlo per certo, che, forse, anche Max si comportava in modo così sereno e sfrontato nello spogliatoio, senza imbarazzi. Di certo lo speravo. Cominciai a disfarmi degli abiti mentre intanto, Luca e Riccardo, rapidamente, si stavano rivestendo e si preparavano ad andar via. Dopo essere rimasto in mutande, feci le cose con un po’ di lentezza, appositamente sperando di rimanere solo, tirando con calma fuori dalla borsa tutto quello che mi occorreva. L’accappatoio e il doccia schiuma per dopo…le ciabatte…gli occhialini…la cuffia…e il costume ? Cazzo ! Mi diedi del pirla mentalmente per almeno dieci volte mentre svuotavo del tutto la borsa per vedere se fosse finito al fondo. Non potevo crederci. L’avevo dimenticato. E ora ? Cosa fare ? Intanto i due, salutando, se ne erano appena andati e non si erano accorti del mio disappunto. Pensai che forse Max poteva avere un costume di scorta (ma dubitavo che mi sarebbe andato, poiché siamo di taglie molto diverse) o sapeva dove potevo prenderne uno (alla reception mi pareva li avessero in vendita). Così, in mutande e con le ciabatte ai piedi, tornai nel locale vasca per chiedere a Max se aveva una soluzione. Non si accorse subito di me, mentre era intento nelle vasche a stile libero, e mi ranicchiai vicino al bordo facendo gesti con le mani per farmi notare. Finalmente si fermò e si drizzò in piedi nella vasca con aria interrogativa; forse era anche un po’ seccato per aver dovuto interrompere nuovamente l’allenamento; certamente non dovette accorgersi subito che non indossavo un costume, ma un semplice slip di cotone; dissi, cercando di essere ironico: “Sai dove posso trovare un costume per uno scemo che se lo è dimenticato ?”; Max comprese subito e sorrise divertito e compassionevole, poi disse: “Dei miei non è ho altri qui, e poi non credo che ti andrebbero; ci sono quelli che vendiamo ma sono in segreteria ed ora è chiusa a chiave”. “Vabbé, dai, torno un attimo a casa; in una ventina di minuti sarò di nuovo qui; scusami”; mi voltai e mi avviai negli spogliatoi, con umore nerissimo per il contrattempo, ma Max mi fermò a metà strada urlando: “Aspetta !”; tornai ad avvicinarmi e lo guardai, aspettando di capire se gli era venuta in mente una soluzione. Appena fui nuovamente a bordo piscina, Max soggiunse serio: “Se non ti formalizzi, del costume puoi anche farne a meno; ci siamo solo te ed io, che certamente non mi scandalizzo, e poi ti ho già visto nudo”. Era vero. Nella notte dei tempi, dopo una lezione del suo corso, era venuto nello spogliatoio a dirci delle cose, a me ed agli altri corsisti, mentre facevamo la doccia nudi. Risposi sorridendo: “Se non è un problema, per me va bene così, arrivo”. Tornai nello spogliatoio con la mente in subbuglio. Questa situazione certamente non l’avevo prevista. Mi dissi, però, che questa curiosa circostanza, forse, lo avrebbe più facilmente spinto a disfarmi del costume una volta che ci fossimo trovati sotto la doccia; almeno era ciò che speravo. Mi denudai del tutto e, raccolti cuffia ed occhialini, andai, finalmente, a fare la doccia prima di entrare in vasca. Poi, comunque un po’ in imbarazzo per la strana condizione, tornai di là nel locale vasca. Lo vidi subito, appena uscito dagli spogliatoi. Dopo, in serata, ripensando a tutto ciò che era accaduto, ebbi modo di pensare che Max lo avesse messo appositamente lì, sul bordo vasca, steso per dritto ed accuratamente, proprio perché lo vedessi subito e mi rasserenassi. Il suo costume. Una macchia nera, perfettamente disposta sul bianco abbagliante del bordo vasca. Pensai che Max aveva voluto, con quel gesto, togliermi subito da ogni imbarazzo possibile; mi tuffai “a pennello” nella vasca e iniziai a fare alcuni esercizi di stretching e riscaldamento muscolare; intanto lui, terminata una vasca, si fermò al mio fianco nell’altra corsia. “Tutto bene ?”, mi chiese. “Si, tutto ok, adesso inizio”. Mentre pronunciavo queste parole, lo osservai mentre, completamente nudo, mi guardava tenendo le mani sui fianchi; come mi ero immaginato, si depilava anche il pube e aveva una mazza più o meno nella norma. Ma, soprattutto, pareva completamente a suo agio. Nuotammo per più di un’ora, fermandoci insieme di tanto in tanto (quando io mi fermavo, anche lui si fermava e mi dava dei consigli) e scambiando qualche parola. Ogni volta eravamo un po’ di più a nostro agio. Quando, all’ennesima sosta, gli dissi che ero stanco, mi rispose che anche lui ne aveva abbastanza e uscimmo insieme dalla vasca. Mentre camminavamo fianco a fianco verso lo spogliatoio mi resi conto che tutte le mie considerazioni sul suo pudore si erano rivelate errate. Avanzava con grazia e serenità e senza alcun accenno a coprirsi le parti intime. Arrivati proprio davanti agli spogliatoi recuperò il costume che aveva lasciato lì e mi seguì dentro. Senza dir nulla, prendemmo i nostri accappatoi appesi ai ganci e ci infilammo nel piccolo locale docce. Solo quando fummo entrambi sotto i getti d’acqua riprendemmo a parlare, senza mai fare cenno alla circostanza del costume. Terminammo la doccia e ci asciugammo e poi cominciammo a rivestirci. Dopo essermi messo le mutande, dissi a Max: “sei stato veramente gentile ad evitarmi di dover tornare a casa”. Max era voltato di spalle e si stava infilando una maglietta, sotto era ancora nudo. Si voltò verso di me e ancora una volta potei notare come era naturale per lui stare nudo senza problemi. Mi sorrise e, proprio mentre prendeva i suoi slip per indossarli, mi disse: “A dire il vero sei tu che mi hai fatto un favore”. Lo guardai interrogativo. Sorridendo ancora, mi confidò che in realtà al sabato, quando si ritrovava da solo, si allenava sempre nudo, cosa che ovviamente non sapeva nessuno. E, sempre ovviamente, non gli era sembrato il caso di chiedermi di adeguarmi né di mettermi in imbarazzo facendosi trovare nudo senza dirmi niente. Ma, dopo il curioso episodio della mia dimenticanza, aveva pensato che forse non avrei avuto nulla in contrario e mi aveva proposto di nuotare nudo, così, se avessi accettato, lui avrebbe fatto altrettanto. Gli dissi, allora, che non avevo notato nessuna particolare differenza a nuotare nudo e che anzi avevo avvertito delle piacevoli sensazioni, ragion per cui, potevamo continuare così. E così faremo nei sabati a venire. So per certo che Max è etero e per nessuna ragione proverò a forzare la situazione con tentativi di approccio e cose del genere. Mi basta sapere di aver raggiunto con Max un livello di intimità impensabile solo pochi giorni prima.           

mercoledì 19 settembre 2012

IN SAUNA A MILANO (racconto di odori, umori e sensazioni)

Domenica pomeriggio a Milano. Sono in trasferta ed ho 4-5 ore completamente libere. Decido. Vado in sauna. Me ne hanno parlato molto bene, una delle migliori in Italia. Arrivo e mi rendo subito conto che è anche meglio di quel che pensavo. Pago l’ingresso e mentre raggiungo il mio armadietto, mi guardo intorno. E’ molto grande, l’età media è molto più bassa che altrove e la figaggine è a livelli molto elevati. Mi spoglio con discrezione e mi avvolgo l’asciugamano attorno alla vita. Mi avvio verso la porta basculante, superando le file di armadietti e il bancone del bar, che porta nell’ambiente umido vero e proprio. Entro. Nel primo ambiente c’è una grande piscina, con idromassaggio e degli ampi sedili ergonomici in marmo per sedersi dentro comodamente e stendersi anche. Di lato, delle docce e una gran quantità di appendini per gli asciugamani. Dentro la piscina ci sono circa 30 uomini, sono tutti nudi ed alcuni si stanno palesemente dando da fare, vedo molti corpi interessanti; altri chiacchierano tranquillamente; mi tolgo l’asciugamano e lo sistemo su di un appendino, poi, con passi lenti, entro anch’io in vasca, ponendomi di fianco ad un tipo che sta da solo. E’ un ragazzo più giovane di me ed è molto in forma, magro e carino. Intanto gente sale e scende dalla piscina, con mosse anche simpatiche e bizzarre che mettono curiosamente in evidenza i loro membri, palle comprese; alcuni vanno a farsi la doccia e poi rientrano nella piscina, altri passeggiano tranquilli e si avviano verso gli ambienti più interni. Chi esce dalla piscina difficilmente si preoccupa di avvolgersi nell’asciugamano. Quasi tutti girano nudi con l’asciugamano in una mano o semplicemente nudi. Il ragazzo accanto a me non mi guarda e si bea dell’idromassaggio; approfitto delle bolle e mi faccio ardito; gli metto una mano sul cazzo; non si ribella ma continua a non guardarmi; dopo qualche tocco lo sento crescere (era a riposo) tra le mie mani finché non è completamente duro; ora lo masturbo piano; nessun accenno; dopo un paio di minuti, senza preavviso, si alza, divincolandosi dalla mia mano, ed esce dalla piscina col cazzo turgido; si allontana; mentalmente lo mando affanculo; più in là c’è un tipo robusto, con un metro di spalle, ed un’aria molto infoiata; mi ci avvicino e attivo l’idromassaggio; ci guardiamo un po’ e poi a gesti mi fa capire che non gli dispiace se mi avvicino di più; dopo pochi secondi sono praticamente seduto sulle sue gambe; da dietro spinge la sua mazza turgida tra le mie natiche, senza penetrarmi si struscia ritmicamente, mentre con la mano destra ravana il mio cazzo con delicatezza. Intorno a noi, altri, più o meno esplicitamente, consumano atti sessuali di ogni tipo, anche se, considerate le circostanze, c’è molta discrezione; dopo un po’ avverto che è successo qualcosa; è venuto; l’idea che quella piscina sia piena di sborra non mi schifa, anzi mi eccita; intanto lui mi sorride, si alza e va a sciacquarsi; è tempo anche per me di esplorare oltre; vado a fare una doccia veloce, mi cingo la vita con l’asciugamano e mi dirigo nel secondo ambiente; è uno stanzone, con altre docce, al fondo del quale si intravede un corridoio che, probabilmente, porta ai camerini; nello stanzone affacciano anche una sauna e un bagno turco. Opto per il secondo. Lascio l’asciugamano attaccato ad un piolo e seguo altri due ragazzi che, altrettanto nudi, stanno entrando prima di me. E’ un ambiente strano, fatto a ferro di cavallo, con due porte all’estremità, dalle quali decine di persone entrano ed escono a ritmo continuo; c’è tantissima gente, sono tutti nudi e si sta tutti pigiati, i corpi scivolano l’uno sull’altro, madidi di sudore, ognuno tocca senza ritegno ciò che gli viene a tiro; qualcuno, più intraprendente, tenta approcci più profondi ma è impossibile, il flusso di persone consente soltanto di godere di questo enorme momento orgiastico; l’ambiente è anche molto buio e quindi non è facile distinguere chi ti sta toccando il cazzo o il culo; il tutto è molto divertente ed eccitante; adocchio un paio di persone che magari potrei coltivare una volta fuori; dopo poco però mi stufo e torno nella piscina, dopo un’altra doccia; lì incontro un tipo strano, è molto giovane, avrà 20 anni, è l’unico che indossa un costume; attacco bottone e mentre facciamo l’idromassaggio provo un paio di volte a convincerlo a togliere il costume, ma niente da fare; dice che è troppo imbarazzante; mi dice che, se voglio, possiamo appartarci in un camerino per parlare con tranquillità; prendiamo su e raggiungiamo un camerino; una volta soli mi libero immediatamente dell’asciugamano e lo stendo sotto di me; lui fa lo stesso; gli chiedo di togliersi finalmente lo slip ma non vuole; ci baciamo; parliamo un po’ di tutto, mi pare di capire che abbia grossi problemi; intanto lo accarezzo; dopo mezz’ora di discussione, finalmente, accetta di sfilarsi il costume; in effetti, proporzionalmente, ce l’ha piccolo, ma è un bel ragazzo; provo a confortarlo con parole di ammirazione per il suo corpo, ma serve a poco; non si eccita, io invece ho la mazza dura da quando siamo entrati in camerino; ad un certo punto gli faccio capire che voglio un pompino; educatamente, ma senza entusiasmo si adopera per farmi venire; vengo ed imbratto il mio asciugamano; ci salutiamo frettolosamente e lui subito esce dal camerino, mi sembra un po’ sconvolto; non credo abbia tutte le rotelle a posto; non lo vedrò più; con calma mi ricompongo ed esco a mia volta; fuori dal camerino c’è un tipo un po’ tarchiato sui 60, molto abbronzato; intuisco che è lì da un po’, probabilmente ha ascoltato ciò che accadeva dentro il camerino; mi sorride e mi fa “bravo !”; gli sorrido a mia volta e mi allontano. Ho bisogno di una doccia e poi voglio uscire di lì.    

ORCO BEACH

Il torrente Orco, del quale ho già accennato in un altro racconto, è stato, per la mia maturazione bisex, un elemento molto importante, direi determinante. Lì ho conosciuto decine, anzi centinaia, di uomini, sposati o impegnati come me, che vanno in quel posto a cercare ciò che in casa non possono avere. Lo frequento da circa 15 anni, quando, di domenica pomeriggio, ho iniziato a frequentarlo, arrivandoci il più delle volte in bici da casa. Ne avevo sentito parlare in giro, sui giornali e sul web, e sapevo che lì si ritrovavano (e ancora si ritrovano…) gay e nudisti di tutto il circondario, in un ambiente naturale molto piacevole ed abbastanza riservato. Non ricordo esattamente cosa è accaduto le prime volte che ci sono andato. Ricordo solo che all’epoca era frequentato molto anche da marchettari, che evitavo, in cerca di clienti. Le prime volte ero un po’ impreparato su tutto e mi limitavo più che altro ad osservare i moltissimi uomini nudi, di tutte le età, che prendevano il sole, ed intuivo alcuni movimenti “strani” di alcuni di loro che si appartavano nella boscaglia. Dopo i primi approcci con il luogo, cercando di non dare troppo nell’occhio a casa, iniziai ad attrezzarmi per i miei scopi. Acquistai quindi dei costumi e dei completi pantaloncini/maglietta, da usare quando andavo lì. Mi procurai un lucchetto per la catena della bici e uno zainetto multiuso. Così, iniziai a frequentare il posto in maniera più adeguata e senza dare troppo nell’occhio. Appena arrivavo sul posto, lasciavo la bici legata ad un albero e mi toglievo tutto o quasi tutto di dosso (a seconda dell’atmosfera che c’era), addentrandomi tra le spiaggette ed il bosco circostante. Lì ho provato per la prima volta l’ebbrezza del nudismo e del passeggiare nudi, cosa che faccio tuttora, anche al netto degli altri reconditi scopi. Le prime volte, appena nudo, o in slip, mi assaliva un’erezione persino imbarazzante; poi ho imparato a controllarmi un po’ di più. Intorno a me incontravo uomini più o meno nudi o seminudi che occhieggiavo con attenzione, attendendo magari un segnale positivo per un approccio. La maggior parte di essi erano palesemente gay e spesso mi ci sono accompagnato, anche se senza troppa soddisfazione, specialmente quelli che “scheccheggiavano”. Ma ho scoperto, anche chiacchierandoci o approcciandoli, che altri invece erano impegnati anche con l’altro sesso e, nel tempo, ho iniziato a preferirli sempre più. Oggi mi capita raramente di accettare un incontro con un gay. Invece, con i bisex, o presunti tali, ne ho combinate di tutti i colori: ogni rapporto ortodosso immaginabile, attivo e passivo, anche orgette di 4 o 5 persone, ponendo l’asticella dei pudori ogni volta un po’ più su, fino a liberarmi del tutto, o quasi, di ogni tabù. E’ stato proprio lì che, vedendo altri bisex farlo con estrema naturalezza, ho accettato, volta per volta,  prima l’orale e poi l’anale passivo ed il fatto di farmi venire in bocca, tutte cose che inizialmente ritenevo troppo “femminili” e che, invece, ho scoperto essere tranquillamente praticabili anche nel rapporto uomo a uomo, senza per questo perdere in virilità. La chiave di tutto risiede, secondo me, nel fatto che quegli uomini cercano proprio un altro uomo disposto a fare certe cose, e non un surrogato di una donna. Enumerare o raccontare nel dettaglio tutto quello che mi è successo all’Orco è, praticamente, impossibile. Dalle prime esperienze di “birdwacthing” nei confronti di un gruppo di eterissimi e bellissimi modelli torinesi che venivano all’Orco a prendere il sole nudi e non avevano nessuna intenzione di “consumare” alcunché con la restante “fauna” del luogo al rumeno magrissimo (ma molto determinato) che mi sono fatto (leggasi: inculato) pubblicamente su di una spiaggetta non troppo riservata, con tanti uomini nudi, giovani e meno giovani, che ci passavano accanto senza osare di avvicinarsi, i cui lubrici sguardi alla nostra “cavalcata” mi hanno eccitato moltissimo. Dal “padre di famiglia” che dopo avermi fatto il primo pompino della sua vita era fuori di sé dall’imbarazzo al panzuto ed improbabile tipo che, con una lunga manovra molto astuta, è riuscito, dopo 2 ore di chiacchiere, ad avere ragione della mia verginità anale tra la mia totale incredulità per la mia accondiscendenza. Dal tipo, con il quale non ho fatto niente, che voleva gli dicessi che volevo un figlio da lui al separato con il quale abbiamo irretito un giovane pastorello, spingendolo, eccitato dalle nostre ardite acrobazie nudiste, a masturbarsi, dopo essersi spogliato tutto nudo, sull’altra sponda del torrente. Grazie, Orco !

Un massaggio davvero rilassante

Dopo aver patito un terribile mal di schiena per un paio di settimane, su consiglio del mio medico, mi sono recato in un centro estetico dove praticano anche massaggi, per prenotare una serie di trattamenti. La receptionist, alla quale mi sono rivolto, mi ha fatto alcune domande ed ha esaminato brevemente la documentazione medica che avevo portato con me, poi mi ha fissato un appuntamento per la settimana successiva con un massaggiatore, che mi ha detto chiamarsi “Cuba”. Tornando a casa, mi sono immaginato che si trattasse di un sudamericano e ho atteso con ansia il passare dei giorni che mi separavano dal mio primo appuntamento, speranzoso che si trattasse di un bel ragazzo di colore. Sono rimasto quindi un po’ sorpreso quando, al giovedì successivo, mi sono recato nuovamente al centro per il mio primo massaggio e, dopo aver espletato le formalità burocratiche, sono stato avvicinato da un tipo sui 40 anni, di chiara origine esteuropea che tendendomi la mano mi dice: “Piacere, Kouba !”. Ho scoperto in seguito che il mio massaggiatore viene dalla Repubblica Ceca. Mentre ci dirigevamo nello studio l’ho osservato. Era tutto sommato un bell’uomo, alto e con un torace molto muscoloso e sviluppato ed un corpo molto massiccio. Arrivati nella stanza del massaggio, Kouba mi ha chiesto di porgergli le lastre che avevo con me e mi ha detto che potevo iniziare a spogliarmi, tenendo l’intimo. Avvicinatomi così alla sedia che c’era vicino al lettino per i massaggi, mi sono tolto scarpe, pantaloni e camicia; faceva già molto caldo e non indossavo la t-shirt intima, sono rimasto così con addosso solo un boxer bianco elasticizzato. Anche Kouba era tutto vestito di bianco, con una divisa composta da un pantalone e una giacca con una fila di bottoni posta di lato. L’ultimo bottone era sbottonato e la stoffa di cotone era ripiegata all’esterno. Ho così potuto notare che il mio massaggiatore era abbastanza peloso, poiché un ciuffo di peli neri spiccava sulla pelle bianchissima e si inoltrava fino alla piega del collo. Era inoltre evidente che, sotto la giacca, egli non indossava altro poiché le punte dei capezzoli erano molto pronunciate al di sotto di essa. Kouba, terminato di esaminare le mie lastre, mi ha fatto distendere a pancia in giù sul lettino. Gli ho detto che il maggior dolore lo avvertivo nella zona lombare. Egli allora mi ha preso l’orlo dei boxer e li ha abbassati leggermente, pur senza scoprirmi completamente il sedere. Poi l’ho sentito trafficare con delle boccettine e poco dopo ha iniziato a massaggiarmi energicamente, aiutandosi con degli oli e delle creme ed affondando sempre più le sue possenti mani nella mia schiena. Il tutto è durato circa tre quarti d’ora, poi Kouba mi ha passato su tutta la schiena un asciugamano di spugna per togliermi i residui di olio in eccesso e mi ha  riposizionato delicatamente il boxer, dicendomi che avevamo finito, dopodiché mi sono rivestito e l’ho ringraziato dandogli appuntamento per il giovedì successivo. Nelle settimane seguenti l’appuntamento con Kouba è divenuto una piacevole consuetudine. Il nostro rapporto era sempre più cordiale, pur se improntato alla massima professionalità. Un paio di volte mi era capitato di eccitarmi mentre mi toccava, ma ero sempre riuscito a tornare in stato di “quiete” al momento di voltarmi per alzarmi dal lettino. Tutto questo fino al fatidico giovedì in cui le cose cambiarono in maniera inaspettata. Quel giorno, entrando nello studio di Kouba, gli dissi che avvertivo un particolare dolore abbastanza forte ed intenso alla coscia destra; ovviamente, era vero; Kouba mi fece spogliare come al solito e poi mi fece stendere sul lettino per toccarmi il punto che mi doleva, dopodiché mi disse con sguardo severo e quasi nervoso: “E’ la sciatica”. Mi disse allora che per trattare quella zona che comprendeva la coscia e tutto il gluteo sarebbe stato opportuno togliermi anche l’intimo che certamente si sarebbe sporcato con l’olio; inoltre il boxer limitava in ogni caso le sue possibilità di manovra sulla parte. Inutile dire che la notizia mi mise subito in tensione. Lui invece, risoluto e serio, prese un asciugamano e lo pose al centro del lettino e mi disse: “esco un attimo, togliti le mutande e stenditi sul lettino come al solito”. Non capii subito che era uscito per una premura verso il mio pudore. Feci come mi aveva detto. Rientrò dopo pochi attimi e mi stese un altro telo di spugna più piccolo sul sedere e iniziò a massaggiarmi spostandolo di volta in volta secondo necessità. Durante il massaggio pensai più volte al momento in cui avrei dovuto alzarmi dal lettino, chiedendomi come avrei dovuto comportarmi, ma al termine del massaggio, dopo aver asciugato l’olio come sempre, Kouba si precipitò fuori dalla stanza in meno di un secondo. Capii, allora, che era nuovamente uscito per consentirmi di rivestirmi in tranquillità, riservatamente, e così feci, ma promisi a me stesso che la volta successiva le cose sarebbero andate diversamente. Sette giorni dopo arrivai al centro con un po’ di anticipo e attesi il mio turno in sala d’attesa rimuginando nella mente il piano che mi ero preparato. Quando fu il mio turno, Kouba mi accolse cordialmente come sempre e come ogni volta, stringendomi la mano, mi chiese “Come va ?”. Non risposi, accennando solo un mezzo sorriso, e scavalcatolo mi avvicinai come sempre alla sedia dove appoggiavo i miei vestiti; mi sfilai le scarpe e mi tolsi rapidamente camicia e pantaloni mentre Kouba mi osservava immobile appoggiato al tavolino delle creme e degli oli. Poi con una manovra rapida e decisa mi sfilai i boxer e li appoggiai sulla solita sedia dicendo: “la sciatica fa ancora male”, poggiando una mano sul lettino e guardandolo dritto in faccia; Kouba improvvisamente si animò in preda a grande agitazione; certamente non si aspettava che mi mostrassi nudo e mi parve molto imbarazzato dalla situazione. Voltandosi, prese precipitosamente un telo e, come la volta prima, lo pose sul lettino, passandomi di fianco e con lo sguardo basso cercando di non guardarmi. Poi mi stesi sul lettino e mi pose il telo piccolo sulle natiche, iniziando il suo trattamento. Dopo una decina di minuti passati in silenzio (non parlavamo quasi mai durante i massaggi), Kouba all’improvviso disse: “scusami, non avevo capito che ti faceva ancora male il nervo sciatico”; mi sentii avvampare poiché capii che quelle scuse erano riferite al fatto che mi ero nuovamente dovuto spogliare del tutto, ma stavolta con lui presente. Evidentemente, pensai, se glielo avessi detto prima di spogliarmi, egli avrebbe apprestato subito il telo sul lettino e poi sarebbe uscito dalla stanza come sette giorni prima, e mi chiesi se avesse anche solo minimamente capito che in realtà avevo appositamente evitato di dirglielo fino all’ultimo momento proprio perché volevo che fosse lì quando mi toglievo l’intimo. Attesi ancora qualche attimo e poi replicai: “Kouba, non c’è niente di male se mi vedi tutto nudo, non devi farti problemi; non è necessario che tu esca ogni volta”. Egli rispose: “Beh, infatti, per me non è un problema. Ma si tratta del protocollo. La proprietà ci chiede di fare così, per rispettare la privacy del cliente”. Tornai a ribattere: “Beh, a essere sincero, mi imbarazza molto di più vederti uscire dalla stanza, come se ci fosse da nascondere chissà che cosa”. Restammo in silenzio per tutto il resto del massaggio, ma quando fu il momento di alzarmi dal lettino, dopo che Kouba mi aveva asciugato l’olio, egli rimase lì al mio fianco senza muoversi ed io mi alzai con naturalezza, mostrandomi nuovamente nudo senza imbarazzo e sorridendogli. Rispose al mio sorriso, sorridendo a sua volta. Poi mi vestii mentre lui metteva un po’ d’ordine. Lo salutai stringendogli la mano senza immaginare che 7 giorni dopo avrei colto il frutto di quella “semina”. Il giovedì seguente, appena fui entrato nello studio, Kouba, stringendomi la mano, mi disse: “Come va la sciatica ? Preparo il telo ?”; gli dissi che effettivamente avrei gradito ancora una ripassata al nervo sciatico e cominciai a spogliarmi con più naturalezza delle altre volte; al momento di togliermi le mutande, Kouba rimase al suo posto accanto al lettino, senza fare una piega e senza abbassare lo sguardo; mi posi, come al solito, a pancia in sotto e attesi, come ogni volta, il primo getto di olio riscaldato sulla mia pelle; pochi attimi dopo sentii l’imponente figura di Kouba sopra di me  e avvertii il primo fiotto di olio sulla mia natica destra ma, inaspettatamente, un rivolo d’olio si insinuò nel solco tra le natiche e Kouba, immediatamente, e dicendo piano: “scusa, scusa”, si precipitò a tamponarlo con un piccolo telo di cotone, asciugando con delicatezza l’olio finito ormai sulla parete del perineo. Quel tocco leggero e setoso mi eccitò moltissimo e, in maniera naturale, senza potermi in alcun modo sottrarre, inarcai i glutei, così come tante volte avevo fatto quando nell’intimità con i miei partner maschili mi si toccava quella zona. Kouba, allora, si fermò un attimo; probabilmente non doveva essergli sfuggita la mia sottile eccitazione; intanto, sotto di me, anche il membro dava chiari segni di risveglio ed ora ero io a sentirmi in totale imbarazzo per avergli mostrato senza vergogna quanto avessi goduto di quell’imprevisto; ma dopo un momento, con mia sorpresa, Kouba, riprese a tamponare, con ancora maggior delicatezza, il solco delle natiche scendendo nuovamente fino al perineo; stavolta, senza remora alcuna, non mi limitai ad inarcare leggermente i glutei con un moto di piacere ma allargai anche un po’ le natiche; anche se stavo superando ogni limite di decenza e pudore, mi era impossibile dissimulare il piacere di quel momento ! Alle mie spalle, sentii che nuovamente Kouba si era fermato e, con la coda dell’occhio, lo vidi muoversi a passi lenti allontanandosi dal lettino. Che intenzioni aveva ? Anche se speravo fin dal primo giorno che prima o poi sarebbe capitato qualcosa di speciale, rimasi comunque sorpreso quando vidi che si avvicinava alla porta della stanza e, con un colpo secco, la chiuse a chiave. Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono e intravidi nel suo molta decisione e sicurezza. Riposi quindi il capo nell’apposito vano del lettino e attesi. Pochi attimi dopo un nuovo rivolo di olio mi inondava il solco delle natiche, ma stavolta si intuiva che la direzione non era casuale, ma voluta; poi sentii le due larghe mani di Kouba insinuarsi contemporaneamente sui miei glutei, massaggiandoli energicamente e, a mano a mano, ad ogni passaggio i suoi pollici si avvicinavano sempre più al buco, sfiorandolo, ora uno ora l’altro, con sempre maggiore vigore. Ancora incredulo per l’evolversi della situazione, mi lasciai andare completamente, mentre con dolcezza il suo pollice sinistro, completamente unto, iniziava a penetrarmi. Inarcai nuovamente il sedere in segno di godimento ed allora avvertii che, nel frattempo, la mano destra di Kouba si insinuava avidamente tra le mie cosce alla ricerca del mio membro. Me lo carezzò, ungendolo, in lungo e in largo per alcuni secondi e poi improvvisamente lo sentii allontanarsi. Alzai allora la testa e mi voltai leggermente per vedere cosa stesse facendo Kouba. Aveva preso un telo dall’armadietto alla nostra destra e con quello si asciugava lentamente le mani e le braccia. Ci guardammo e stavolta mi sorrise in maniera complice. Poi cominciò a sbottonarsi la giacca, riavvicinandosi al lettino. Quando mi fu vicino se la tolse del tutto e la poso su di una sedia. Come immaginavo, sotto era a torso nudo. Poi si abbassò verso di me e mi baciò lievemente la schiena, mentre, dal rumore, intuii che stava trafficando con la lampo dei pantaloni; infatti quando si levò su nuovamente, aveva la patta aperta e con un semplice movimento delle gambe si disfece dei pantaloni, rimanendo in mutande. Intanto io, audace, avevo allungato la mano e gli carezzavo il torace villoso, gemendo di piacere. Si mise le dita nelle mutande e capii che voleva toglierle, ma lo fermai e lo feci spostare, ponendolo davanti al mio viso tenendogli le mani; poi, sporgendomi un po’, cominciai a leccargli tutto intorno il profilo del suo cazzo, che era già durissimo, da sopra le mutande. Quindi, qualche attimo dopo, io stesso insinuai le mani nel suo intimo spingendolo con dolcezza verso il basso finché il suo membro non fu del tutto scoperto. Mentre le mutande finivano ai suoi piedi, senza perdere tempo mi fiondai su quella mazza turgida all’inverosimile e iniziai a spompinarlo con foga. Intanto, anche se non era necessario, con le mani mi teneva la testa spingendomi sempre più verso di lui; questa sensazione di possesso mi eccitò tantissimo. Continuai il mio lavoretto con entusiasmo e passione finché Kouba non tentò di divincolarsi un paio di volte dalla stretta delle mie mani che intanto gli avevano cinto la vita. Ma resistetti, intuendo che stava per venire, poiché volevo che ciò accadesse tra le mie labbra; infatti, dopo pochi attimi, con gemiti appena trattenuti e scuotendosi tutto mi schizzò in bocca un fiotto caldo e salato di sborra che mi finì dritto nella gola ! Mollai allora la presa e lui si andò a lavare al lavandino le mani e il cazzo gocciolante. Poi prese le mutande e se le rimise e si avvicinò nuovamente al lettino dove lo attendevo tutto fremente. “Voltati” mi disse. Mi girai, esibendo la mia totale erezione, in attesa di capire le sue intenzioni. Si unse nuovamente le mani con l’olio e lo vidi fiondarsi sul mio cazzo con entrambe le mani; probabilmente voleva farmi una sega, ma lo fermai prima che potesse avvinghiarlo e dissi: “Aspetta !”. Detto ciò mi levai su in piedi e scesi dal lettino, poi, senza indugio, mentre lui mi osservava con le mani unte, mi avvicinai dietro di lui e gli abbassai nuovamente le mutande; senza opporre resistenza, alzò i piedi perché gliele potessi sfilare e così fu. Poi, mentre mi rimettevo sul lettino, dissi: “preferisco così”. Sorridendo mi cinse il cazzo con le sue mani impiastricciate di olio e cominciò a menarmelo. Dopo un po’, sentendomi molto eccitato, una delle due mani la insinuò nuovamente tra i miei glutei e mi penetrò prima con un dito e poi con due. Pochi attimi ed emisi un violento schizzo di sborra che finì un po’ sulla mia pancia e un po’ tra le sue mani. Si abbassò dolcemente su di me e mi protese le labbra. Ci baciammo. Da quella volta i nostri appuntamenti si sono sempre svolti “a porte chiuse” in total naked, per me e per lui, ed ogni volta, prima che finisca il tempo a disposizione, schizzi di sborra fiottano da entrambi i nostri membri con eguale impeto e violenza. Dopo un’iniziale titubanza, anche Kouba ha accettato di “visitarmi” oralmente (non l’aveva mai fatto, ma ha ammesso che non gli dispiace) ed ora sto cercando di convincerlo a farmi finire in bocca il lavoretto, ma è ancora sostenuto su questo. Spero che prima  o poi si lasci andare. Nessuna difficoltà invece nel farci penetrare reciprocamente i nostri profondi recessi con le altrui dita, uno o anche due alla volta. Per “altro” siamo ancora entrambi vergini. Chissà…magari in seguito…                     

giovedì 6 settembre 2012

IMPROVVISAMENTE L’ESTATE SCORSA…

Da quando ho scoperto anche la bellezza dei rapporti sessuali coniugati al maschile, il periodo delle vacanze ha sempre rappresentato per me una costante pausa dalle mie scorribande tra le altrui mutande da uomo; un momento di tregua dedicato esclusivamente alla famiglia, con una sola, breve ed eccitante eccezione occorsami alcuni anni fa in Grecia, nei bagni pubblici di una stazione degli autobus; eravamo in attesa della coincidenza per raggiungere una nuova meta di un tour di una settimana tra le bellezze della Grecia classica e ad un certo punto decisi di andare in bagno. Lì fui provocato da un tipo, credo greco, ma non ne sono sicuro (non parlammo molto…), che stava facendo finta di pisciare nell’orinatoio di fianco al mio; dopo essermi disposto nell’orinatoio per pisciare a mia volta, avevo lanciato uno sguardo distratto al “coso” del mio vicino e mi ero accorto così che era completamente eccitato e che con la mano sinistra si stava masturbando lentamente. Bastò un breve gioco di intese e di sguardi, e il tempo di rinfoderare i nostri arnesi, e ci rifugiammo rapidamente in uno dei bagni singoli con la porta, che richiudemmo alle nostre spalle. Senza troppi complimenti e convenevoli, tirammo fuori nuovamente le nostre mazze, a quel punto entrambe durissime, e iniziammo a segarci reciprocamente. Era un bel tipo, alto e magro, peloso quanto basta. Mi venne voglia di “assaggiarlo” e così mi inginocchiai leggermente e glielo presi in bocca. Mmmmmh ! Uno dei cazzi più buoni che avessi mai assaggiato ! Evidentemente doveva essere già molto su di giri poiché dopo pochi secondi mi spinse via con risolutezza e schizzò un fiotto di sborra contro la parete del WC. Apprezzai molto quella premura, anche perché all’epoca non mi ero ancora concesso oltre quel punto, e credo che mi sarei trovato a disagio se mi fosse venuto in bocca. Nel frattempo mi rialzai, gli presi la mano e gliela posi nuovamente intorno al mio uccello. Volevo venire anch’io. Capii che era un po’ seccato e che voleva uscire presto di lì, allora con dei cenni gli feci capire che anch’io ero sul punto di concludere e così cominciò, pur controvoglia, a farmi una sega decisa. Dopo pochi attimi gli sbrodolai tra le mani tutta la mia eccitazione sotto forma di liquido biancastro. Mi sorrise brevemente e aprì la porta mentre io mi ricomponevo. Corse subito a lavarsi le mani, mentre un tipo che pisciava ci guardava un po’ stranito e perplesso dal vedere due uomini uscire dallo stesso bagno. Andai a lavarmi le mani a mia volta e poi ci salutammo con un breve cenno della testa. Ci credereste ? Prima che uscissi dalla toilette si era già rimesso al pisciatoio, credo in attesa del suo prossimo momento di svago ! Quando tornai alla fermata trovai mia moglie assorta nella lettura di un libro; credo che non abbia neanche mai lontanamente immaginato cosa fosse accaduto poco prima nel bagno degli uomini. Tutto questo, appunto, ha rappresentato, fino all’estate appena trascorsa, l’unica digressione dalle mie vacanze formato famiglia. Finché quest’anno non ho conosciuto Matteo, il giorno stesso in cui siamo arrivati in villaggio nella località dell’Adriatico nella quale avevamo prenotato le nostre 2 settimane di vacanza. Avevamo scelto per noi un appartamento residence in un gruppo di villette bifamiliari a schiera, tutte al piano terra. La villetta di cui faceva parte il nostro appartamento si trovava quasi all’estremità del villaggio, era l’ultima della fila di casette a schiera ed era in una zona un po’ isolata. L’appartamento era molto bello ed ampio con una grande veranda esterna. Ogni veranda confinava con quella dell’appartamento vicino ed esse erano separate da due alti muretti inframezzati, al centro, da una colonna. Di qua e di là, tra la colonna e i muretti, vi era una fessura di due centimetri circa che lasciava intravedere un po’ la veranda di fianco. Mentre mia moglie disfaceva i bagagli, uscii appunto in veranda per familiarizzare con il luogo. Mi accorsi subito che nella veranda alla mia destra c’era qualcuno che parlava e mi parve una voce maschile. Con discrezione mi concentrai su una delle due fessure tra i muri e la colonna per vedere chi c’era dall’altra parte. Quello che vidi mi colpì subito. Il proprietario della voce era un uomo sui trent’anni; passeggiava tranquillo su e giù per la veranda e intanto parlava, in una lingua a me sconosciuta, al cellulare; cercando di non far intuire la mia presenza, provai a scrutarlo meglio nei particolari; indossava solo uno slip nero e calzava delle ciabatte da mare; era alto all’incirca un metro e ottanta ed era abbastanza magro, anche se qua e là si intuiva una muscolatura molto robusta ed allenata ed aveva i capelli scuri; dopo poco rientrò nel suo appartamento ed anch’io rientrai per prepararmi per andare a cena, chiedendomi se sarei stato in grado di riconoscerlo al ristorante. La cosa si rivelò più semplice del previsto, poiché lo riconobbi subito nella figura del giovane che era seduto al tavolo alla nostra sinistra. Mentre la mia famiglia ed io prendevamo posto al nostro tavolo, lo osservai un po’ più attentamente. Indossava dei bermuda color ruggine ed una maglia beige che mettevano in risalto la sua pelle già molto abbronzata; era effettivamente molto alto e notai anche un bellissimo sorriso; ai piedi aveva degli infradito di pelle, molto eleganti e raffinati nella loro semplicità. Ad un tratto alzò lo sguardo verso il nostro tavolo e, con cortesia, disse in un perfetto italiano: “buonasera”. Mia moglie, le bambine ed io, rispondemmo a nostra volta, quasi all’unisono, “buonasera”. Fui un po’ sorpreso di sentirlo parlare italiano; ascoltandolo nel pomeriggio al telefono mi ero fatto l’idea che fosse straniero, ma ora, osservandolo da vicino, non ne ero più così sicuro. Altra cosa strana era la “comitiva” al suo tavolo. Erano in tre. Oltre a lui c’erano un signore sui settant’anni un po’ malandato ed una bambina di 2-3 anni. Che strana comitiva, pensai ! E la madre della bambina ? Dov’era ? Forse non era ancora scesa…ma poi mi accorsi che il loro tavolo era apparecchiato solo per tre. Dunque non c’erano altri commensali nel loro strano gruppo di famiglia. La cena scorse via velocemente mentre ogni tanto gettavo uno sguardo all’oggetto del mio interesse; era veramente un bel ragazzo ! Non ci furono altri contatti tra noi quella sera, se non un cortese “buonasera” che sia lui che l’anziano pronunciarono quando si alzarono da tavola poco prima di noi. Al mattino dopo, in spiaggia, potei apprezzare l’organizzazione quasi militare di quel villaggio poiché scoprii, con piacere, che non eravamo solo vicini di appartamento e di tavolo al ristorante, ma anche i nostri ombrelloni erano disposti l’uno di fianco all’altro. Lo strano gruppetto dei tre era già sotto l’ombrellone quando arrivammo in spiaggia verso le dieci; a colazione non li avevamo visti, ma avevo notato che il loro tavolo era già in disordine quando eravamo arrivati nel ristorante. Stavolta, arrivando da dietro, fui io a dire per primo “buongiorno”. Sia lui che l’anziano si voltarono verso di noi e risposero cordialmente al saluto. Mentre disponevo le borse e le altre cose sotto l’ombrellone potei osservarlo bene da dietro gli occhiali scuri. Era seduto sulla sdraio con indosso solo un costume a pantaloncino nero che gli copriva a metà le cosce; al sole del mattino la sua carnagione olivastra ed abbronzata splendeva ancora di più mentre un lievissimo accenno di pancetta lo rendeva ancora più sexy; ma quello che mi eccitò moltissimo fu la forma dei suoi piedi, lunghi, affusolati e nodosi, che avevo notato già la sera prima al ristorante, un richiamo erotico come pochi. La mia naturale timidezza mi impedì quel giorno e quello successivo di provare a fare amicizia, al di là di formali e cordiali saluti di circostanza ogni volta che ci si ritrovava. Inoltre non ebbi modo e occasione di chiarirmi la situazione riguardo alla lingua parlata dallo sconosciuto, cosa che mi bloccava ulteriormente nell’approccio. Tra domenica e lunedì ci furono soltanto saluti e sorrisi; peraltro le mie figlie non parevano interessate a quella bambina, più piccola di loro, che giocava sotto l’ombrellone di fianco al nostro e quindi anche quel possibile “gancio” era escluso. Cominciai a pensare tra me e me che, come in tante occasioni precedenti, mi sarei limitato in quei 15 giorni a rimirare sospirante quell'uomo sconosciuto così carino, senza fare alcunché. Ma le cose cambiarono in maniera decisiva ed improvvisa nella notte tra il lunedì e il martedì. Sin dal nostro arrivo in villaggio, il tempo era stato molto bello ed anche molto caldo, ma quella sera una nuova corrente meridionale aveva portato un’afa veramente insopportabile, ed anche durante la notte la temperatura non era scesa più di tanto. Pur dormendo completamente nudo, non riuscivo a prendere sonno mentre, accanto a me, mia moglie segava tranquillamente legna alla grande. Mi sentivo sudato e accaldato e, cercando di non fare troppo rumore, mi alzai lentamente e andai nel soggiorno-cucina dell’appartamento per bere un po’ d’acqua, richiudendo dietro di me la porta della camera di letto. Anche dalla cameretta delle bambine non arrivava nessun “segno di vita”. Provai a sedermi un po’ sul divano di pelle ma neanche lì pareva spirare un filo d’aria. Così mi alzai e camminando sempre piano per non fare rumore mi avvicinai alla porta finestra che dava sulla veranda e l’aprii. Uscii fuori e subito sentii che lì l’aria era almeno respirabile. Guardai intorno di qua e di là con circospezione, dato che ero nudo, ma a quell’ora, erano le due e trenta, tutto il villaggio era profondamente addormentato e poi davanti alla nostra villetta, che era seminascosta, era difficile che passasse qualcuno. Feci alcuni passi fino al punto centrale del muretto di cinta per appoggiarmi e sporgermi e fu allora che lo vidi nella penombra. Il torace nudo del mio bel vicino sporgeva a sua volta dal muretto della sua veranda. Era appoggiato vicino al muro, quasi al “confine” tra le due verande, e pareva assorto nei suoi pensieri. Certamente non doveva essersi accorto di me. Decisi allora di tornare leggermente indietro e mi preparai ad affacciarmi con la massima naturalezza possibile ed appoggiarmi al muretto in prossimità del confine, come se stessi uscendo solo allora sulla veranda. Dovetti però sbucargli all’improvviso di fianco quasi come un fantasma, poiché quando con voce bassa e cordiale dissi: “stanotte mi sa che non si dorme”, rivolto a lui, egli si ritrasse all’interno della veranda un po’ spaventato (scoprii poi, in un secondo momento, il vero motivo del suo ritrarsi…anche lui, come me, era completamente nudo), ma dopo un attimo ricomparve e sorridendomi mi disse: “fa veramente troppo caldo, non si può stare a letto”. Parlava italiano ! Il ghiaccio era rotto e così sporsi leggermente la mano destra verso di lui dicendogli: “Antonio”; lui si sporse un po’ e strinse con la sua mano destra la mia…”Matteo”. Continuammo a parlare per qualche minuto del tempo e del gran caldo, dandoci del tu, senza troppi fronzoli, come vecchi amici. Anche se ero nudo, non ero preoccupato che potesse accorgersene; per farlo avrebbe dovuto sporgersi in maniera innaturale verso di me e guardare all’interno della veranda, mentre nella posizione in cui eravamo potevamo vedere ognuno solo una parte del torace nudo dell’altro. Ad un certo punto mi balenò un’idea in mente: pensai che forse avrei potuto convincerlo a fare un bagno in mare quella notte e che, se avessi giocato bene le mie carte, magari avremmo potuto vederlo nudo. Gli dissi così, ad un tratto, che era da quando ero arrivato che avevo voglia di esplorare un po’ in tranquillità i dintorni del villaggio, senza figli tra i piedi, e che forse quella notte infernale era l’occasione giusta per fare una passeggiata. A questa mia affermazione, mi fissò per un attimo con gli occhi a fessura come se volesse afferrare un pensiero lontano e poi disse: “Buona idea ! Andiamo ?”; senza pensarci troppo, gli risposi felice: “Ok ! Il tempo di mettermi qualcosa addosso senza svegliare tutti !”; e di rimando lui aggiunse piano: “Ci vediamo fuori, allora” e facendo un cenno con la mano scomparve rientrando nel suo appartamento. Rientrai a mia volta e afferrai al volo il costume pantaloncino e la maglietta che erano appoggiati su di una sedia e che usavo in quei giorni per fare il tragitto dall’appartamento alla spiaggia (di solito al mare uso solo costumi a slip, ma non mi piace circolare per il villaggio con solo quello addosso e dunque indosso sopra un pantaloncino ed una maglietta per raggiungere la spiaggia). Presi le chiavi e cercando di fare assoluto silenzio sgattaiolai fuori dalla porta d’ingresso. Matteo era già lì, indossava il pantaloncino color ruggine e la maglietta beige che gli avevo visto addosso la prima sera al ristorante. Entrambi calzavamo ciabatte da mare. “Dove si va ?”, mi disse. “Vorrei esplorare il lungomare nord”, risposi. Così ci incamminammo verso l’uscita del villaggio. Nel gabbiotto all’ingresso il custode notturno ronfava seduto su di una poltroncina e non ci vide nemmeno passare. Attraversammo la strada litoranea che ci separava dalle spiagge e iniziammo a passeggiare l’uno di fianco all’altro sulla passeggiata in direzione nord. Non c’era quasi nessuno in giro, ogni tanto ci sfrecciava affianco un’auto a gran velocità. Alla nostra destra si susseguivano ininterrotte le cabine dei vari stabilimenti balneari e i muretti di cinta, sino a che, dopo un chilometro circa, vidi che uno degli ennesimi lidi aveva un varco aperto nel muretto di cinta. Mi fermai e dissi a Matteo: “proseguiamo a riva di mare” ? Non disse né si né no, ma fece una faccia come per dire “Ma si” ! E ci introducemmo in quella spiaggia sconosciuta; superato il muretto vedemmo che tutto intorno a noi era silenzio. In effetti capimmo che si trattava di un varco che conduceva ad un pezzo di spiaggia libera, così rinfrancati del fatto che nessuno potesse contestarci l’intrusione procedemmo a passo sicuro verso la riva fino quasi a lambire con i piedi l’acqua. Ci fermammo un attimo a rimirare tutto intorno e ci guardammo con soddisfazione. Allora pensai che era il momento di prendere l’iniziativa e con un movimento deciso mi sfilai la maglietta e la infilai per un capo nel costume, poi mi sfilai le ciabatte e le presi in mano, il tutto senza dire niente. “Proseguiamo ?”, dissi. Matteo senza commentare il mio “strip”, fece di si con la testa e si incamminò al mio fianco. Dopo qualche metro, anch’egli, senza enfasi, si sfilò lentamente la maglietta. Camminammo ancora un po’ senza parlare, senza una vera e propria metà. Ad un certo punto si fermò un attimo e mi disse: “Che ora si è fatta ?”. Non aveva l’orologio al polso. “Le 3”, risposi. Poi aggiunsi: “Sei stanco ?”. “Un po’” rispose. Quella situazione mi piaceva molto ma avvertii che se non avessi assunto qualche altra iniziativa, a breve, tutto sarebbe finito e saremmo tornati indietro. Provando così a cambiare argomento, dissi con noncuranza, come se non me ne importasse molto: “L’acqua è molto invitante, quasi quasi mi farei un bagno”, il tutto senza guardarlo minimamente in volto e rivolto al mare, mentre Matteo era, praticamente, alle mie spalle.  Udii la sua voce dietro di me che diceva: “Eh, quasi quasi…è da una vita che non faccio un bagno di notte ! Da quando ero ragazzo. Ma io non ho il costume, non ci avevo pensato”; mi voltai e, con un sorriso angelico ed innocente, replicai: “Ormai siamo praticamente fuori paese e non abbiamo incontrato nessuno a piedi, dalla strada non ci possono vedere, che problema c’è ?”; lui sorrise un po’ imbarazzato e indicando il mio pantaloncino rispose con una leggera vena di rimprovero: “ma tu ce l’hai il costume !”. La sua risposta divenne un perfetto assist per provare a piazzare il colpo del Ko…mi voltai un attimo a guardarlo e poi voltandomi nuovamente verso il mare, con calma,  poggiai a terra le ciabatte e sfilai la maglietta dal mio pantaloncino e la posi su di esse. Poi mi voltai nuovamente a guardarlo per un attimo, stavolta con una tiepida aria di sfida, e subito mi infilai  i pollici nei pantaloncini e, con un movimento rapido, li feci cadere ai miei piedi; poi, con naturalezza, li sfilai del tutto, incamminandomi dentro l’acqua. Solo quando fui con le ginocchia nell’acqua mi voltai, mostrandomi a lui senza pudore, e gli gridai: “Dai ! Vieni ! Non farmelo fare da solo !”. Sin da quando mi ero voltato, lo avevo visto sorridere più sicuro e rilassato, ed ora aveva un sorriso largo, quasi di compassione. Senza replicare, lo vidi sfilarsi le ciabatte sulla sabbia e porci sopra la sua maglietta. Poi, con calma, si sbottonò i bermuda, se li sfilò e piegandoli bene li posò sulla maglietta. Indossava degli slip neri, come quelli che gli avevo visto addosso la prima volta che lo avevo intravisto in veranda. Per un attimo mi parve esitare e mi chiesi se non sarebbe forse entrato in acqua con gli slip. Forse era più pudico di quanto avessi potuto immaginare. Ma i miei timori si sciolsero in un attimo poiché, con aria divertita, sfilò rapidamente anche gli slip e si diresse di corsa verso l’acqua. Mi sorpassò muovendo acqua a tutto spiano e poi si tuffò di testa, immergendosi completamente. Lo raggiunsi, allora, un po’ più riluttante (l’acqua era tutto sommato fredda, accidenti !) ma poi mi decisi a fare la stessa cosa, anche per non sfigurare. Giocammo così per qualche secondo a tuffarci a ripetizione finché non fummo entrambi lì dove si toccava a malapena e solo allora ci fermammo l’uno di fronte all’altro. “Adesso si che si sta bene !”, dissi. “E’ fantastico !”, rispose. Tutto era successo così in fretta che solo in quel momento mi sovvenne un pensiero e mi ritrovai a ripercorrere nella mia mente ciò che era accaduto poco prima. Mi resi così conto che mentre l’avevo visto sfilarsi gli slip e percorrere i pochi metri che lo separavano dal mare, complice anche l’oscurità, non ero riuscito a farmi un’idea di come fosse messo lì sotto. Avevo però notato un nettissimo segno dell’abbronzatura e gli chiesi se non fosse già stato in vacanza (eravamo in fondo ai primi giorni di luglio). Lui mi rispose di no, che anzi aveva lavorato fino al mattino del sabato precedente. E allora con malcelata curiosità gli chiesi come mai era già così abbronzato. Fu così che scoprii che faceva l’istruttore di nuoto e che sin da fine maggio, quando la temperatura lo consentiva, svolgeva i suoi corsi nella piscina scoperta del centro sportivo dove lavorava, in provincia di Udine, e dunque, se capitava, passava più o meno tutta la giornata in costume da bagno. Ci dicemmo ancora due o tre cose senza importanza e poi decidemmo che era ora di tornare a riva. Fendendo lentamente l’acqua, uscimmo a poco a poco dal mare e ci incamminammo verso le nostre cose abbandonate sul bagnasciuga un po’ più in là. Durante la nuotata ci eravamo infatti spostati di qualche decina di metri. Mentre camminavamo fianco a fianco, ci guardammo reciprocamente più volte, sorridendo. Attimo dopo attimo, avvertivo chiaramente che ci sentivamo sempre meno imbarazzati e certamente, pensavo, la condivisione di una situazione così intima avrebbe contribuito a sviluppare il nostro rapporto di semplice conoscenza nei giorni a seguire. Giunti al punto dove avevamo lasciato i vestiti chiesi a me stesso come avrei dovuto comportarmi a quel punto, ma fu Matteo a darmi inconsapevolmente la risposta, poiché si sedette a terra di fianco alle sue cose e poi piantando i gomiti nella sabbia si distese per il lungo. Io, che ero rimasto un attimo fermo ad osservarlo, mi precipitai allora ad imitarlo, stendendomi al suo fianco. Spirava dal mare una leggera brezza ed io mi stavo godendo appieno quel momento unico di virile intimità. “Che bello, si sta proprio bene”, disse, rompendo il momento di silenzio. Intanto, cercando di sembrare il più naturale possibile, tendevo il capo e lo sguardo per vedere, finalmente, da vicino come era messo nei “paesi bassi”. Constatai così, con onestà, che aveva un pisello di dimensioni più che dignitose, seppur niente di speciale, contornato da un gran cespuglio di peli neri. Constatai anche che non lo esibiva né lo nascondeva. Si comportava in maniera molto naturale e semplicemente pareva non importargliene molto. Per provocarlo, gli chiesi come mai avesse fatto tante storie per spogliarsi. “Non è che ho fatto storie” disse sorridendo “credevo che volessi fare il bagno in costume e, forse, allora, credo che mi sarei sentito un po’ a disagio a farlo nudo. Ma quando ti sei tolto il pantaloncino, ho capito che mi ero sbagliato”. “Senti” ripresi “posso chiederti una cosa, se non sono troppo indiscreto ?”, continuai senza mai guardarlo; non rispose; pensai che chi tace acconsente e proseguii, “ma chi sono i tuoi compagni di viaggio ?”. Non mi parve seccato di questa domanda ma rispose laconico “mio padre e mia figlia”. “Ah !“, feci io, come per dire “ho capito”; poi aggiunsi “bella bambina”, poiché mi sentivo in imbarazzo. Lui allora si voltò sul fianco verso di me, con un’aria strana, e mi disse: “E poi ?”. E poi…cosa ?”, replicai ancora più imbarazzato. “Immagino tu voglia chiedermi che fine ha fatto la madre”. Sorrisi e risposi: “beh, non sarebbero affari miei”. “Ci siamo lasciati dopo 2 anni di matrimonio quando AnniKa, nostra figlia, aveva sei mesi; Annika vive con sua madre in Slovenia; la mia ex-moglie è slovena; grazie alla bambina abbiamo mantenuto un rapporto civile; questi sono i giorni di vacanza che mi spettano in estate e così ho pensato di portare anche mio padre per darmi una mano e anche perché penso che gli faccia piacere passare del tempo con sua nipote”. Non sapendo cosa replicare dissi: “mi sembra una bambina adorabile”. “Lo è ! E, infatti, stravedo per lei. Mi dispiace molto non poterla vedere tutti i giorni, anche se, di fatto, abita a solo 45 minuti di distanza da casa mia; ma sai tra il lavoro e tutto il resto non posso andarla a trovare tutti i giorni”. Guardai l’orologio, erano passate da poco le quattro. Mi voltai verso di lui e dissi: “Che facciamo ? Andiamo ?”. In realtà non ne avevo nessuna voglia. Avrei voluto rimanere lì per tutta la notte, ma ero anche contento di quel momento così intimo che ci eravamo regalati. Lui mi guardò su e si alzò in piedi. “Dovremmo fare un altro bagno per ripulirci dalla sabbia”, disse ridendo. Gli risposi: “ho un’idea migliore, vieni con me”. Avevo adocchiato a pochi metri da noi la fila di ombrelloni di un lido. Speravo che, come in quasi tutti i lidi, ci fossero delle docce all’aperto. Facemmo una cinquantina di metri nella penombra dell’alba in direzione del lido, tenendo le nostre cose in mano. Tutto ad un tratto, provenendo dalle nostre spalle (ma ce ne accorgemmo proprio solo all’ultimo momento) ci sfrecciò di fianco un tipo in tenuta da jogging (pantaloncini e canottiera) che, senza scomporsi troppo, ci sorpassò proseguendo la sua corsa. Ci guardammo un po’ sorpresi e scoppiamo in una grossa risata. Come previsto le docce, fredde, c’erano e facendoci un po’ di coraggio vi ci tuffammo sotto, scrollandoci di dosso tutta la sabbia. Poi saltammo un po’ su noi stessi come due scemi per asciugarci. Indossai il mio pantaloncino e Matteo si mise gli slip, calzammo le ciabatte, e così sistemati ci dirigemmo verso il “nostro” varco. Prima di affacciarci sulla passeggiata Matteo, oramai quasi del tutto asciutto, si rimise anche i bermuda. Entrambi restammo a torso nudo. Attraversammo la strada e ci infilammo nel villaggio a passo svelto. Nel tragitto verso i nostri appartamenti non incontrammo nessuno. Prima di rientrare ci salutammo e Matteo disse a voce bassa: “esperienza da ripetere assolutamente…”. Rientrai cercando di fare il massimo del silenzio e mi disfeci subito delle cose che avevo addosso. Sentii un movimento dalla mia camera e così mi fiondai in bagno, chiudendo la porta dietro di me, preoccupato che mia moglie stesse per alzarsi. Non accesi la luce ma i primi bagliori dell’alba, che filtravano dal finestrino, illuminarono il mio profilo nello specchio sopra il lavandino. Mi fermai un attimo a scrutarmi, ma non avevo bisogno di guardarmi a fondo per capire quello che sentivo dentro di me. Ero eccitato. Tirai lo sciacquone e uscii dal bagno dirigendomi in camera. Non sentii russare, segno che mia moglie non dormiva del tutto, mi infilai lesto sotto il lenzuolo e, senza troppa cura, mi posi dietro di lei che era distesa sul fianco insinuandole il membro eretto tra le cosce; ci volle un po’ perché si riprendesse dal sonno, ma nel frattempo io l’avevo già dolcemente voltata con la pancia in su e mi ero posto su di lei; poi mi inumidii tre dita e rapidamente le infilai nel suo boschetto per farmi strada; un attimo ancora e, tolte le dita, le fui dentro. Iniziai a spingere sempre più rapidamente mentre lei attimo dopo attimo era sempre più presente e ora con il palmo della mano destra mi accarezzava piano il perineo, cosa che lei sa piacermi moltissimo; aumentai allora i colpi mentre lei, esperta, mi violava dolcemente l’ano con il dito medio inumidito. Pochi secondi e le sborrai nella fica tutta l’eccitazione che mi aveva provocato quell’esperienza notturna con Matteo. Subito dopo ci baciammo e mi voltai a dormire sul fianco. Verso le sette del mattino mi sentii accarezzare dolcemente. Era lei. Prima il tutto era durato molto poco e lei non aveva goduto; ora, certamente, voleva la sua parte di piacere. Le feci così intendere che ero abbastanza sveglio e prendendole la mano destra gliela posi sul membro per farle sentire che era già duro. Mi venne sopra (la posizione che preferiva in assoluto) e bagnata fradicia di umori si infilò dentro il mio cazzo. Stavolta lasciai che fosse lei a dettare il ritmo, finché non la sentii gemere di piacere. Le misi allora due dita in bocca e gliele feci leccare. Poi lei si accucciò sul fianco e mi prese  il cazzo in bocca, lavorandomi tutta la cappella con la lingua; in pochi attimi raggiunsi l’apice e le scaricai nelle fauci una modesta quantità di sperma (ero venuto da solo 2 ore !) che assaporò fino all’ultima goccia. Ci alzammo insieme e ci dirigemmo in bagno per fare una doccia. Mentre ci insaponavamo reciprocamente, la vidi molto rinfrancata dal doppio rapporto e pensai che non poteva immaginare neanche lontanamente che per tutto il tempo della nostra frenetica scorribanda sessuale avevo avuto davanti a me l’immagine di Matteo nudo disteso al mio fianco. Quello che non potevo, invece, immaginare io era che di lì a pochi giorni il rapporto di conoscenza/amicizia con Matteo avrebbe avuto una svolta inimmaginabile.
Al mattino, come sempre, a colazione arrivammo quando loro erano già andati via e così rividi Matteo soltanto in spiaggia. Seduti sotto l’ombrellone, verso le 11, finalmente ci ritrovammo soli mentre tutti i nostri familiari erano impegnati nelle attività dell’animazione. Alzando la testa da un giornale sportivo, Matteo mi chiese: “tutto Ok stanotte ?”. “Si” risposi, senza aggiungere particolari; “e tu ?” aggiunsi; “boh, mio padre si è svegliato mentre facevo la doccia e mi è venuto a chiedere come mai fossi in piedi alle 5 di mattina; ma gli ho solo detto che avevo troppo caldo; non ci sarebbe stato niente di male a dirgli che ero uscito, ma non voglio che si preoccupi”, poi dopo un attimo di pausa disse: “ma la prossima volta dobbiamo andare organizzati !”; “certamente !”, risposi; non ebbi il coraggio, però, di riprendere l’argomento durante quel giorno e di provare a fissare il nuovo appuntamento; ciononostante, quella notte mi alzai verso l’una e trenta e andai in veranda, speranzoso di trovarlo nuovamente lì, anche se non faceva caldo come la notte precedente; attesi un’ora ma non accadde nulla. Nei giorni successivi attesi un cenno da lui, in spiaggia o al ristorante, ma niente; oramai mi stavo quasi rassegnando all’idea che non ci sarebbe stata un’altra occasione e che la sua pronunciata intenzione era stato solo un atto di cortesia, quando inaspettatamente il giovedì sera mi si avvicinò allo spettacolo serale e mi disse con aria circospetta: “mi pare che stasera faccia molto caldo”, e intanto sorrideva un po’ malizioso; lo guardai con aria interrogativa ma senza dir niente; e allora lui aggiunse: “che ne dici di andare stanotte ?”; non c’era bisogno di specificare altro, il dove e il cosa; eccitatissimo all’idea di un altro bagno notturno in sua compagnia, dissi soltanto “buona idea…ma stavolta organizzati !” e ci mettemmo a ridere; ci demmo appuntamento per l’una; rientrato nel residence con la famiglia, prima di andare a letto, con molta attenzione, cercando di non dare nell’occhio, mi preparai le cose: una canottiera, un costume a slip, uno zainetto, un telo mare e anche lo shampoo e poi andammo tutti a dormire. Verso la mezza mi alzai con movimenti lenti e felpati e, come l’altra volta, andai in soggiorno; indossai il costume e la canottiera e misi le altre cose nello zaino, poi uscii in veranda, e attesi che si facesse l’una; a quel punto rientrai in camera, presi le chiavi e uscii, sempre facendo attenzione a non fare rumore; Matteo, in pantaloncini e maglietta, era già fuori dal suo appartamento e, appena mi vide, mi sembro sorpreso di vedermi con lo slip da bagno. “Pensavo che anche stanotte avremmo fatto il bagno senza costume !”, disse ridendo. “Infatti ! Non appena arrivo in spiaggia lo tolgo !”, confermai, pronto e divertito. E così feci. Appena arrivammo nella stessa spiaggia dell’altra volta, senza neanche attendere di essere a riva di mare, mi tolsi provocatoriamente il costume (la maglietta l’avevo già tolta, come del resto anche Matteo, strada facendo), poi posai le mie cose, zaino compreso, sulla sabbia, e iniziai a correre verso il mare e mi ci tuffai. Dopo un po’ Matteo, sorpreso dalla mia manovra repentina, arrivò anch’egli a riva di mare portando con sé anche le mie cose e, dopo aver sistemato bene tutto sulla sabbia, si tolse il pantaloncino. Mi rallegrai nel constatare che non indossava altro. Mi disposi, allora, lì dove l’acqua mi arrivava fino alle ginocchia, in modo da schizzarlo mentre entrava in acqua, ma quello che vidi mentre si avvicinava con passi lenti e sicuri mi bloccò. Senza minimamente porsi il problema di nasconderla, avanzava verso di me esibendo una totale erezione, quasi con aria di sfida. Per stemperare la mia tensione per quell’improvviso imprevisto, provai a scherzare dicendo: “ti vedo molto teso, stasera !” indicando platealmente con la testa il suo pube. In realtà quello più teso ero io poiché sentii arrivare un calore dall’interno e che anche per me si stava sviluppando tra le mie cosce un inevitabile alzabandiera. Quando mi arrivò vicino non sapevo più cosa fare; ormai anche io ero completamente turgido e mi chiesi se, nonostante tutto, mi avrebbe chiesto spiegazioni del mio stato di eccitazione; dovetti invece rendermi conto che non sembrava affatto sorpreso di vedermi in quello stato. Anzi, sorrideva ! Del resto anche lui esibiva un birillo completamente dritto ! Quando mi fu vicino, senza parlare, mi prese delicatamente il membro con la mano destra e iniziò a scappellarmelo. Non ero certo preparato ad una evoluzione così rapida della situazione ma mi dissi che era ciò che volevo sin dal primo momento e che non era il caso di sottilizzare, così, con calma, feci la stessa cosa a lui. Iniziammo a masturbarci reciprocamente guardandoci dritto negli occhi finché le nostre teste non si avvicinarono e dischiudemmo le bocche in un bacio virile ed irruente. Senza staccare le nostre labbra, le mani si fecero sempre più audaci e mentre le rispettive destre percorrevano sempre più rapidamente la superficie dei nostri cazzi, le sinistre si insinuavano sulla pelle dell’altro accarezzandola freneticamente in ogni punto. In breve fummo vinti dall’eccitazione e spostandoci più a riva, cademmo quasi a corpo morto nell’acqua bassa, dove, sempre avvinghiati, continuammo a segarci appassionatamente fino all’esplosione quasi contemporanea dei nostri umori. Appena fummo venuti, dopo un attimo di tregua durante il quale rimanemmo abbracciati senza fiatare, Matteo si alzò di scatto e tornò a tuffarsi, seguito da me. Ci rincorremmo per un po’, ridendo ed acchiappandoci tra cadute e abbracci finché, stanchi e stremati, riguadagnammo la riva tenendoci per mano, pur senza tenerezza. Ci adagiammo l’uno accanto all’altro sul bagnasciuga e restammo per qualche secondo in silenzio, appoggiati sui gomiti, rimirando, ormai senza pudore, ogni centimetro di pelle dell’altro. Fu Matteo a rompere il silenzio, chiedendomi piano, quasi con timore: “Tutto Ok ?”. In effetti ero un po’ stranito dal fatto che la situazione da me sognata si fosse tramutata in realtà e, forse, dovevo sembrargli un po’ dubbioso e pentito su ciò che era accaduto poco prima. Non risposi alla sua domanda, ma rilanciai con curiosità un’altra domanda che era implicitamente una risposta alla sua: “Come l’hai capito ?”. Sorrise di più, credo anche rinfrancato dal mio tono tranquillo e rilassato che denunziava un’assoluta serenità riguardo a quello che avevamo fatto. “E’ da quando ci siamo conosciuti che mi guardi in un modo ! Diciamo che ho captato dei segnali. L’altra sera pensavo, ad un certo punto, che mi saresti saltato addosso ma siccome non è accaduto ho quasi pensato di essermi sbagliato e di aver capito male, così stasera ho deciso che toccava a me venire a vedere le tue carte…e ho scoperto che non mi ero sbagliato”. Sorrisi e gli accarezzai dolcemente il torace. Nelle notti seguenti scoprii che la moglie lo aveva lasciato dopo che lo aveva sorpreso a letto con un collega di lavoro, che era stato il suo primo flirt al maschile, e che ora si concedeva, come me, senza particolari problemi, avventure con persone di entrambi i sessi. Tornammo su quella spiaggia altre 4 volte (praticamente una sera si e una no…) approfondendo sempre più le nostre effusioni, passando dalla masturbazione al rapporto orale e da quello al rimming ed alle stimolazioni anali con le dita (lui non aveva ancora avuto rapporti anali completi e mi confessò di averne paura ma riuscii ugualmente a rilassarlo fino a penetrarlo con due dita). L’ultima sera prima della partenza, anche se un po’ riluttante (in questi casi voglio sempre essere ricambiato…) gli concessi di penetrarmi. Fu molto delicato, anche in considerazione del fatto che si trattava del più grosso calibro con il quale avevo mai avuto a che fare. Poi, per rifarmi della mancata reciprocità, volli venirgli in bocca, dopo che mi aveva spompinato per un’ultima volta. Tornammo nei nostri appartamenti quasi all’alba e sulla soglia ci demmo l’ultimo bacio. Decidemmo insieme di non scambiarci i numeri di telefono e di lasciare al caso un eventuale nuovo incontro, che credo non capiterà mai, anche se l’intensità di quelle notti in riva al mare, nudi ed avvinghiati, mi resterà certamente nella mente per molto tempo.                                                        

mercoledì 1 agosto 2012

IL VAGONE LETTO GALEOTTO (Racconto di fantasia ispirato ad esperienza vera)

Sarà difficile dimenticare la magnifica notte che passai in vagone letto nel luglio di 12 anni fa. L'emozione di quei momenti è ancora viva e palpitante nella mia mente, come se fosse accaduto ieri. Tutto ebbe inizio una sera di inizio luglio alla stazione di Torino Porta Nuova; ero stato convocato a Roma per una riunione di lavoro alla quale avrei dovuto partecipare in rappresentanza della filiale dell'azienda nazionale per la quale lavoravo all'epoca. Come sempre in questi casi, preferivo viaggiare di notte in vagone letto. Di solito prenotavo sempre un posto letto in uno scompartimento a due posti e, dopo che 2 anni prima avevo iniziato le mie relazioni "uomo a uomo", ero sempre speranzoso che il mio compagno di viaggio fosse quel certo tipo di persona dalla mentalità altrettanto libera. Ma fino a quella sera non era mai successo nulla di particolarmente rilevante, nonostante avessi adottato in passate occasioni atteggiamenti volutamente provocatori, mai raccolti dai miei occasionali "coinquilini" di una notte. Arrivato al treno, scoprii con disappunto di aver prenotato il posto in un treno a lunga percorrenza, che arrivava fino a Reggio Calabria, particolarmente datato. All'atto della prenotazione ero consapevole che non si trattava del treno che prendevo solitamente (che arrivava fino a Napoli ed era sempre formato da carrozze moderne) ma non mi ero reso conto che fosse quel treno che in passato avevo anche volutamente evitato proprio perchè fatto con materiale vecchio. Vidi così che il "vagone letto" era in realtà un vecchio vagone cuccette (di quelle a 6 posti) riadattato. In ogni scompartimento erano state aperte ed attrezzate allo scopo solo le due cuccette centrali (quelle poste all'incirca a metà di ogni lato) mentre le altre erano chiuse alla parete. Di per sè, quel treno vecchio e maleodorante mi disturbava parecchio ma mi resi subito conto che avrei potuto anche ricavarne qualche vantaggio. Nei vagoni letto più nuovi, infatti, i due letti erano sovrapposti (io cercavo sempre di prendere quello di sopra) e dovevo inventarmi posizioni molto scomode e innaturali per sbirciare le attività dell'altro occupante al "piano" di sotto. Invece in questo caso lo avrei avuto perfettamente di fronte e vicino. C'era solo da sperare che l'altro occupante fosse il tipo giusto. Mentre sistemavo i miei bagagli, si affacciò sulla porta dello scompartimento un giovane di circa 20 anni che, con marcato accento napoletano, mi chiese conferma del fatto che quello scompartimento fosse proprio quello indicato sul suo biglietto. Me lo porse e gli confermai che era proprio nel posto giusto. Poi iniziai a studiarlo mentre a sua volta sistemava le sue valigie. Era poco più alto di me e abbastanza asciutto nel fisico. Indossava un bermuda jeans, una maglietta rossa e dei sandali ai piedi. Posando una valigia sul vano posto in alto, la sua maglietta si alzò quel tanto che bastava per mettere in evidenza un addome piatto e definito con un accenno di peluria che dall'ombelico scendeva fin giù nel bermuda. Era indubbiamente un bel ragazzo. Appena si fu sistemato mi presentai e gli chiesi se fosse di Napoli (anche io sono napoletano). Mi rispose che era di Casoria e che stava tornando giù per le vacanze estive. Gli chiesi se viveva a Torino e così mi raccontò che da un anno viveva a Torino a casa di uno zio che aveva una impresa edile e lavorava con lui. Aggiunse che era un lavoro duro e che non gli piaceva ma che l'alternativa era stare a casa a far niente perchè giù da lui lavoro non ce ne era. Iniziammo poi a parlare di calcio, del Napoli e di tante altre cose in piedi nel corridoio dei treni. Ad un certo punto, mi resi conto che si era fatta quasi mezzanotte e che tutti gli altri viaggiatori si erano ritirati nei loro scompartimenti. Gli dissi di abbassare la voce per non disturbare gli altri e che forse era il caso di metterci a letto così potevamo stare anche più comodi. Siccome mi aveva detto che era la prima volta che prendeva il vagone letto gli consigliai da esperto di andare ancora una volta in bagno prima di chiuderci nello scompartimento così poi avremmo potuto sistemarci tranquilli per la notte. Entrò allora nello scompartimento e lo vidi armeggiare con un piccolo borsone che aveva con sè. Ne trasse fuori quello che mi parve essere un pigiama estivo. "Hai intenzione di dormire con il pigiama ?" gli dissi con tranquillità e cercando di dissimulare una certa agitazione nella mia voce. Mi guardò e mi fissò con aria interrogativa. Allora continuai, "Con questo caldo ! Io dormirò in mutande se non ti secca". "Ma, veramente, non sapevo con chi mi sarei trovato a dormire e, nel dubbio, me lo sono portato. In effetti non lo uso mai in estate". "Allora", incalzai, "Se per te va bene, direi che possiamo benissimo farne a meno entrambi". "Ok" rispose. Rimise il pigiama nel borsone e si avviò in bagno. Dopo pochi minuti tornò e fu il mio turno. Quando ritornai nel corridoio la porta dello scompartimento era chiusa ma non ancora serrata. La apriì lentamente. Il mio compagno di viaggio aveva spento la luce centrale ed acceso quella, più fioca, vicino al suo letto. Si era tolto la maglietta e i sandali e si era steso a letto con una mano appoggiata alla nuca. Lo rimirai lentamente mentre entravo. La peluria che avevo intravisto quando aveva posato la valigia proseguiva su per tutto il torace in maniera tenue e gli incorniciava i due capezzoli di un colore marrone molto intenso. Come già intuito l'addome era piatto e teso, anche se non vi era accenno di tartaruga. Il braccio sinistro era alzato con la mano sotto la nuca. Nell'incavo dell'ascella un groviglio di peli neri faceva bella mostra di sè. Entrai e richiusi la porta alle mie spalle e mi spogliai a mia volta. Realizzai che non aveva tolto il bermuda e mi chiesi se aveva intenzione di farlo magari in un secondo momento. Nel dubbio, a titolo di provocazione, sfilai senza enfasi i pantaloni per primi soffermandomi in piedi a ripiegarli per bene. Li disposi sopra una delle mie valigie e poi mi voltai verso di lui, che intanto leggeva una rivista, sbottonando lentamente i bottoni delle camicia. Per sciogliere quel silenzio dissi che faceva ancora più caldo di quanto immaginassi e lui allora voltò lo sguardo verso di me e mi sorrise con discrezione. Nel frattempo ero rimasto con addosso soltanto gli slip neri e volutamente mi misi ad armeggiare con una valigia che avevo posto nel vano sopra la porta così da essergli vicinissimo. Quando mi ritrassi e lo guardai, sfuggevolmente ebbi l'impressione che aveva appena distolto lo sguardo dal mio basso ventre; ma forse si trattava solo di un impressione ? Mi misi a letto e iniziai a leggere distrattamente il mio libro ed ogni tanto lanciavo un'occhiata al mio compagno. Sentivo che dovevo fare qualcosa per rompere l'equilibrio. Ad un certo punto ruppi gli indugi, abbassai il libro e dissi con voce naturale: "Non so come fai a tenerti quei jeans; mi viene caldo solo a vederti". Mi guardò e mi rispose, lievemente imbarazzato "Ma no. Sto bene così. Sono leggeri". C'era qualcosa che non riuscivo a capire. Forse era timido e non abbastanza smaliziato per mettersi in mutande davanti ad un estraneo. Gli chiesi allora, con un lieve tono di scuse, se per caso non lo avessi messo in imbarazzo proponendo di dormire in mutande e che se la cosa lo turbava potevo anche rimettermi il pantalone. Mi guardò nuovamente e mi disse che non dovevo preoccuparmi e che assolutamente non era per niente turbato dal fatto che mi fossi messo in mutande. Ebbi a quel punto l'impressione che avrebbe voluto dire ancora un'altra cosa ma che al momento giusto gliene era mancato il coraggio. Lo incalzai allora, chiedendogli nuovamente come facesse a sopportare quell'indumento. Probabilmente quel mio atteggiamento così curioso e sfrontato lo spiazzò e al tempo stesso lo rilassò, come se avesse capito che poteva confidarsi con tranquillità. Posò la rivista che stava leggendo e si volse tutto dalla mia parte. "In effetti" disse sorridendo un pò imbarazzato e abbassando un pò di più la voce "sotto non ho le mutande; d'estate non le porto quasi mai". "Ah, scusa, non ci ero arrivato" risposi, "non volevo metterti in imbarazzo. Scusami !"; poi pensai a quello che mi aveva detto prima di andare in bagno a proposito del pigiama e feci due più due. Giocai il tutto per tutto. "Ma allora, anche tu, quando sei a casa tua dormi nudo ?" dissi lentamente. Lui mi guardò e fece cenno di si con la testa senza dir niente. Allora continuai "Beh, certo che d'estate è molto più comodo". "Si" fece lui "dormire nudi è rilassante. A volte lo faccio anche d'inverno". Restammo qualche attimo in silenzio. Ogni tanto ci guardavamo fisso negli occhi. Mi era chiaro ormai che entrambi stavamo pensando alla stessa cosa. Ma pensai che toccava a me che ero più grande fare il primo passo. Presi fiato e dissi piano: "Sbaglio o stiamo pensando tutti e due la stessa cosa ?". Lui allargò la bocca in un radioso sorriso e disse: "E cioè ?" ma si vedeva che aveva capito. "Cioè che fa molto caldo e che se entrambi di solito dormiamo nudi a casa nostra possiamo provare a vincere il naturale imbarazzo che è normale ci sia tra due persone che si sono appena conosciute !". Non rispose ma continuò a sorridere. Mi misi allora seduto in mezzo al letto e dissi: "Ci mettiamo veramente comodi ?". Lui senza ancora dir niente fece si con la testa e si levò in piedi, voltandosi leggermente di spalle, si sbottonò i bermuda e se li sfilò del tutto. Notai subito che non aveva un segno di abbronzatura, pur avendo la carnagione molto scura. Il sedere ambrato era molto ben proporzionato e tra le due chiappe c'era una lieve peluria che finiva nel solco tra le gambe  Nel frattempo, vista la piega presa, alzai leggermente il sedere quel tanto necessario a sfilarmi gli slip e mi ristesi a letto nudo a pancia in sù. Anche lui, dopo aver poggiato i pantaloni si voltò e si rimise steso. Lo guardai senza esitazione mentre lo faceva. La peluria del torace finiva in un boschetto di peli pubici scurissimi. Il pene era leggermente curvato in avanti, praticamente un barzotto, ma lui non pareva esserne imbarazzato. Quando fu completamente steso a letto pose entrambe le mani dietro la nuca e disse: "Adesso si che si sta bene ! Tanto ci voleva ? Alle volte ci facciamo dei problemi proprio stupidi". Allora, lo incalzai "E' colpa di noi stessi. Stiamo sempre a preoccuparci del confronto con gli altri. Mentre bisognerebbe fregarsene. Tu poi..." aggiunsi sorridendo "...non mi pare abbia proprio niente da preoccuparti" e lo guardai platealmente in mezzo alle cosce indicando il suo pene con lo sguardo. Lui sorrise soddisfatto e non replicò. Si fece nuovamente silenzio, finchè osservai con finta naturalezza "pensavo fossi abbronzato, con il lavoro che fai, e invece mi rendo conto che è il tuo colore naturale". "No" rispose "guarda che, anzi, sono molto abbronzato. D'inverno non sono così". Lo guardai per tutta la lunghezza del suo corpo con aria interrogativa e lui capì a cosa stavo pensando. "Ah, capisco" disse. "Non vedi il segno dell'abbronzatura perchè mi piace prendere il sole nudo". Una rivelazione. "E dove lo prendi tutto questo sole in libertà ?" feci. Improvvisamente mi parve irrigidirsi. Si mise palesemente sulla difensiva. "Conosco un posto" disse reticente. Realizzai in quel momento che forse tutti i miei sogni più proibiti stavano improvvisamente prendendo forma. Decisi di non mollare la presa. "Dove ? Sarei curioso di fare un'esperienza del genere" lo provocai. "Beh, è vicino Torino" disse soltanto. Non voleva dare indicazioni precise, era chiaro. "Cioè ? Quanto vicino ?". Mi sembrò all'improvviso totalmente impanicato e mi disse "ma tanto è difficile arrivarci". Vuoi vedere che ero sulla pista giusta ? Lanciai il colpo. "Non sarà mica il torrente Orco ?". L'Orco è un torrente vicino Torino ed è notoriamente ritrovo di naturisti e di gay. Mi guardò di colpo un pò sorpreso, forse non si aspettava lo conoscessi. Insistetti. "Vai all'Orco a prendere il sole nudo ?". Era senza più difese, il suo sguardo sorpreso era stato fin troppo eloquente e si lasciò andare. "Si. E' quello. Ci sei stato mai ?". "Si, ci sono arrivato a volte con la bici. Non abito lontano da lì. E in effetti ho anche visto dei ragazzi nudi, una volta. Magari uno di quelli eri tu" dissi con aria scherzosa e poi aggiunsi sempre sorridendo "Ma non potrei dirlo con certezza perchè non mi sono avvicinato, non mi pareva il caso". "Perchè non ti pareva il caso ?" chiese improvvisamente incuriosito. "Perchè non erano solo nudi, stavano facendo sesso. Una specie di orgetta. Erano in 4 o 5. Tutti maschi e tutti molto indaffarati...". Ecco. L'avevo detto. Calò un incredibile silenzio. Solo dopo qualche attimo si voltò piano verso di me. Aveva uno sguardo nuovo e brillante negli occhi. Ormai ci guardavamo fissi negli occhi e, se mai c'era stato, il velo di ipocrisia era ormai caduto. Eppure mi sembrò impossibile credere alle mie orecchie quando disse lentamente e con chiara allusione: "Anche noi ora siamo nudi, ma non siamo indaffarati...". Il messaggio fu chiarissimo e capii che non dovevo perdere l'occasione. Mi levai nuovamente seduto sul letto mentre sentivo un calore interno scuotermi tutto il corpo. Mi alzai piano e mi avvicinai a lui mentre un principio di erezione mi assaliva. Ora ero in piedi di fianco a lui che se ne stava steso nella sua cuccetta. Distolsi lo sguardo dal suo volto e guardai tra le sue gambe. Il suo membro si stava gonfiando. Stese la mano destra fuori dal letto e la pose sulla mia gamba destra accarezzando leggermente la peluria all'interno della coscia. Ormai non c'era più nessuna schermaglia tra noi. Tutto quello che doveva essere chiarito era chiaro. Sedetti piano, risolutamente, accanto  a lui che si scostò un pò all'interno per farmi spazio e poi allungai la mano destra verso il suo torace carezzandolo piano col palmo. Intanto la sua mano destra si pose con forza e sicurezza intorno al mio pene ormai completamente turgido. Mi chinai verso di lui e le nostre bocche si cercarono. Ci baciammo. Perduta così ogni remora o paura di scoprirci, mi distesi di fianco a lui con tutto il corpo,  mentre le nostre mani esploravano senza ritegno ogni parte della nostra pelle. Sentii il suo pene pulsare contro la mia gamba e mi ritrassi piegando leggermente le ginocchia finchè non fui nella posizione ideale per prenderglielo in bocca. Uhm... aveva un sapore buonissimo. Avvolsi l'asta intera nella mia bocca e andavo su e giù con studiata lentezza mentre lui cominciava ad ansimare. Senza dire niente mi fece lentamente spostare in modo da potersi anch'egli dedicare al mio basso ventre. Ci lanciammo così nel più classico dei 69 ed ogni tanto ci sporgevamo un pò per inumidire i rispettivi orifizi anali. Gli feci capire che tale attenzione era particolarmente gradita e così dopo un pò, mentre continuavamo a stantuffare, cominciò a lavorarmi il buco del culo con un dito leggermente inumidito; poi le dita divennero due. Provai allora a ricambiare il trattamento e rimasi sorpreso di trovare una strada particolarmente spianata. Aveva molta esperienza in quel campo, era evidentissimo. Gli misi nel culo prima un dito, poi due e poi, infine, tre. Ce la godevamo come matti. Ad un certo punto ebbe come uno spasmo, un sussulto. Si levò e mormorò: "ci sono quasi". Mi fu chiaro che voleva essere un cortese segnale dell'imminente orgasmo con relativo getto di sborra, ma quella sera ero particolarmente su di giri e accellerai ulteriormente la mia azione, fermamente determinato ad accogliere nella mia bocca il frutto del suo piacere. E  speravo sarebbe stato lo stesso anche per lui. Non dissi niente, ma stavo esplodendo anch'io quando all'improvviso avvertii chiaramente il flusso di sborra che attraversava il suo pene. Chiusi gli occhi e mi lasciai andare. Tre violenti getti sgorgarono in sequenza riempiendomi tutta la cavità orale. Lui gemette ritmicamente ad ogni getto e per un attimo mollò il mio cazzo. Sputai a terra e gli dissi: "Dai, non fermarti !". Tornò a lavorarmi l'uccello con la lingua anche se si capiva che stava iniziando a calargli la libido nel post-coito. Mi spostai allora velocemente e mi posi quasi in piedi davanti alla sua bocca poggiando le ginocchia sul bordo del letto. Poi glielo infilai in bocca e, con lui quasi inerme, la usai quasi come una fica, pompandolo  energicamente. Dopo solo 20 secondi, gli esplosi in bocca un unico lungo e lento fiotto di sborra che lo lasciò per un attimo senza fiato. Poi lasciai la presa e anche lui si chinò verso il pavimento e sputò. Poi, dopo un attimo, sedemmo accanto sul suo letto. Sfiniti e soddisfatti ci abbracciamo piano. Fu lui il primo a parlare. "Che m'hai fatto fare !" disse un pò sconvolto e serio. Lo abbracciai più forte e poi gli risposi: "Scusami. Mi sono fatto un pò prendere dalla foga. Ti sei sentito usato ? Se è così ti chiedo scusa, non era mia intenzione". Mi guardò con dolcezza. "No. Scusa. Sono solo un pò emozionato. Non avevo mai ricevuto la sborra in bocca e pensavo che non sarebbe mai successo perchè mi faceva un pò schifo l'idea...ma ora che è successo...accidenti...che sensazione ! Non l'avrei mai immaginato ! Sono stravolto !". "Anch'io lo pensavo una volta, ma poi ho conosciuto delle belle persone che mi hanno fatto cambiare idea. E' da poco che l'ho accettato ma ora ne sono molto soddisfatto. Ora sto aspettando il momento giusto per far cadere il mio ultimo tabù". Mi guardò un pò perplesso ed allora con lo sguardo gli indicai il mio posteriore aggiungendo: "Lui è ancora vergine...a parte qualche dito...". Si sciolse dall'abbraccio e si levò su sorpreso: "Davvero ? Pensavo che avessi più esperienza di me" disse serenamente. Sorridendo risposi "Si, mi sono accorto che laggiù sei molto ospitale, non è vero ?". Abbassò un attimo lo sguardo, lievemente imbarazzato, ma sorridendo aggiunse: "beh, ti sembrerà strano ma io ho fatto il percorso inverso rispetto a te; sono partito subito di lì...e mi è piaciuto moltissimo e così quando posso cerco sempre l'anale; è per questo che non avevo mai bevuto sborra; mi capita raramente di fermarmi al pompino...". "Come mai ?". "Forse ti sono sembrato un tipo abbastanza innocuo ma non lo sono affatto" disse. "A me piacciono anche le donne e due anni fa ho accettato lo strano invito di un collega marocchino che lavorava al cantiere con me e che cercava un ragazzo da coinvolgere nel rapporto con sua moglie, che è italiana. Così una sera sono andato a casa sua e, dopo aver fatto un pò di maialate con sua moglie insieme a lui, tipo doppia penetrazione e cose così, mi hanno chiesto se ero disponibile a farmi inculare con uno strap on dalla moglie. In effetti era quello che volevano fin dall'inizio. Lì per lì ho detto no, che non se ne parlava e che avevo troppa paura di farmi male, così lei ha tirato fuori tutta una serie di creme e di unguenti ed ha iniziato a massaggiarmi il culo e poi è andata sempre più in profondità tra le natiche. Quando ha iniziato a penetrarmi con un dito ho avvertito subito una piacevole sensazione e così l'ho lasciata fare dicendole che nel caso sentissi male le avrei chiesto di smettere. A poco a poco mi sono rilassato finchè, sempre molto lubrificato, mi ha penetrato con lo strap on. Con gran sopresa mi sono reso conto che non mi faceva affatto male ma che in verità non sentivo granchè di piacere. Così glielo ho detto e il marito, che era rimasto a guardarci tutto il tempo, disse "vediamo se preferisci questo" e ponendosi sopra di me, mi penetrò lentamente con il suo cazzo. Sentiì un grandissimo calore ed un enorme piacere e lo lasciai fare, chiedendo sempre molta premura; ma lui fu bravissimo e lo spinse piano piano fino in fondo. Intanto la moglie si era posta sotto di me e me lo aveva preso in bocca. Iniziammò a muoverci tutti e tre insieme sempre più forsennatamente finchè quasi in contemporanea lui venne dentro di me ed io nella bocca di sua moglie". "Hai capito ! Sembravi così innocente ! E invece...". "Beh, da allora, sono diventato un habituè di quella casa e di tutti i suoi orifizi...io inculo loro, loro inculano me, ci piace molto" fece ammiccante. Lo abbracciai e gli dissi piano: "allora magari, quando torniamo dopo le vacanze, se ti va, puoi aiutarmi a vincere quel mio ultimo tabù". "Con vero piacere !" rispose. E ci abbracciamo dolcemente. Quella notte avemmo ancora molti altri momenti di piacere insieme e dormimmo pochissimo. Al mattino mentre ci rivestivamo ci scambiammo i numeri di cellulare con la promessa di rivederci. Ma in realtà non ci siamo più sentiti e non l'ho più rivisto. Da quella notte sono passati altri nove anni prima che trovassi la persona giusta per il mio "battesimo" anale...ma questa è un'altra storia...