mercoledì 19 settembre 2012

IN SAUNA A MILANO (racconto di odori, umori e sensazioni)

Domenica pomeriggio a Milano. Sono in trasferta ed ho 4-5 ore completamente libere. Decido. Vado in sauna. Me ne hanno parlato molto bene, una delle migliori in Italia. Arrivo e mi rendo subito conto che è anche meglio di quel che pensavo. Pago l’ingresso e mentre raggiungo il mio armadietto, mi guardo intorno. E’ molto grande, l’età media è molto più bassa che altrove e la figaggine è a livelli molto elevati. Mi spoglio con discrezione e mi avvolgo l’asciugamano attorno alla vita. Mi avvio verso la porta basculante, superando le file di armadietti e il bancone del bar, che porta nell’ambiente umido vero e proprio. Entro. Nel primo ambiente c’è una grande piscina, con idromassaggio e degli ampi sedili ergonomici in marmo per sedersi dentro comodamente e stendersi anche. Di lato, delle docce e una gran quantità di appendini per gli asciugamani. Dentro la piscina ci sono circa 30 uomini, sono tutti nudi ed alcuni si stanno palesemente dando da fare, vedo molti corpi interessanti; altri chiacchierano tranquillamente; mi tolgo l’asciugamano e lo sistemo su di un appendino, poi, con passi lenti, entro anch’io in vasca, ponendomi di fianco ad un tipo che sta da solo. E’ un ragazzo più giovane di me ed è molto in forma, magro e carino. Intanto gente sale e scende dalla piscina, con mosse anche simpatiche e bizzarre che mettono curiosamente in evidenza i loro membri, palle comprese; alcuni vanno a farsi la doccia e poi rientrano nella piscina, altri passeggiano tranquilli e si avviano verso gli ambienti più interni. Chi esce dalla piscina difficilmente si preoccupa di avvolgersi nell’asciugamano. Quasi tutti girano nudi con l’asciugamano in una mano o semplicemente nudi. Il ragazzo accanto a me non mi guarda e si bea dell’idromassaggio; approfitto delle bolle e mi faccio ardito; gli metto una mano sul cazzo; non si ribella ma continua a non guardarmi; dopo qualche tocco lo sento crescere (era a riposo) tra le mie mani finché non è completamente duro; ora lo masturbo piano; nessun accenno; dopo un paio di minuti, senza preavviso, si alza, divincolandosi dalla mia mano, ed esce dalla piscina col cazzo turgido; si allontana; mentalmente lo mando affanculo; più in là c’è un tipo robusto, con un metro di spalle, ed un’aria molto infoiata; mi ci avvicino e attivo l’idromassaggio; ci guardiamo un po’ e poi a gesti mi fa capire che non gli dispiace se mi avvicino di più; dopo pochi secondi sono praticamente seduto sulle sue gambe; da dietro spinge la sua mazza turgida tra le mie natiche, senza penetrarmi si struscia ritmicamente, mentre con la mano destra ravana il mio cazzo con delicatezza. Intorno a noi, altri, più o meno esplicitamente, consumano atti sessuali di ogni tipo, anche se, considerate le circostanze, c’è molta discrezione; dopo un po’ avverto che è successo qualcosa; è venuto; l’idea che quella piscina sia piena di sborra non mi schifa, anzi mi eccita; intanto lui mi sorride, si alza e va a sciacquarsi; è tempo anche per me di esplorare oltre; vado a fare una doccia veloce, mi cingo la vita con l’asciugamano e mi dirigo nel secondo ambiente; è uno stanzone, con altre docce, al fondo del quale si intravede un corridoio che, probabilmente, porta ai camerini; nello stanzone affacciano anche una sauna e un bagno turco. Opto per il secondo. Lascio l’asciugamano attaccato ad un piolo e seguo altri due ragazzi che, altrettanto nudi, stanno entrando prima di me. E’ un ambiente strano, fatto a ferro di cavallo, con due porte all’estremità, dalle quali decine di persone entrano ed escono a ritmo continuo; c’è tantissima gente, sono tutti nudi e si sta tutti pigiati, i corpi scivolano l’uno sull’altro, madidi di sudore, ognuno tocca senza ritegno ciò che gli viene a tiro; qualcuno, più intraprendente, tenta approcci più profondi ma è impossibile, il flusso di persone consente soltanto di godere di questo enorme momento orgiastico; l’ambiente è anche molto buio e quindi non è facile distinguere chi ti sta toccando il cazzo o il culo; il tutto è molto divertente ed eccitante; adocchio un paio di persone che magari potrei coltivare una volta fuori; dopo poco però mi stufo e torno nella piscina, dopo un’altra doccia; lì incontro un tipo strano, è molto giovane, avrà 20 anni, è l’unico che indossa un costume; attacco bottone e mentre facciamo l’idromassaggio provo un paio di volte a convincerlo a togliere il costume, ma niente da fare; dice che è troppo imbarazzante; mi dice che, se voglio, possiamo appartarci in un camerino per parlare con tranquillità; prendiamo su e raggiungiamo un camerino; una volta soli mi libero immediatamente dell’asciugamano e lo stendo sotto di me; lui fa lo stesso; gli chiedo di togliersi finalmente lo slip ma non vuole; ci baciamo; parliamo un po’ di tutto, mi pare di capire che abbia grossi problemi; intanto lo accarezzo; dopo mezz’ora di discussione, finalmente, accetta di sfilarsi il costume; in effetti, proporzionalmente, ce l’ha piccolo, ma è un bel ragazzo; provo a confortarlo con parole di ammirazione per il suo corpo, ma serve a poco; non si eccita, io invece ho la mazza dura da quando siamo entrati in camerino; ad un certo punto gli faccio capire che voglio un pompino; educatamente, ma senza entusiasmo si adopera per farmi venire; vengo ed imbratto il mio asciugamano; ci salutiamo frettolosamente e lui subito esce dal camerino, mi sembra un po’ sconvolto; non credo abbia tutte le rotelle a posto; non lo vedrò più; con calma mi ricompongo ed esco a mia volta; fuori dal camerino c’è un tipo un po’ tarchiato sui 60, molto abbronzato; intuisco che è lì da un po’, probabilmente ha ascoltato ciò che accadeva dentro il camerino; mi sorride e mi fa “bravo !”; gli sorrido a mia volta e mi allontano. Ho bisogno di una doccia e poi voglio uscire di lì.    

ORCO BEACH

Il torrente Orco, del quale ho già accennato in un altro racconto, è stato, per la mia maturazione bisex, un elemento molto importante, direi determinante. Lì ho conosciuto decine, anzi centinaia, di uomini, sposati o impegnati come me, che vanno in quel posto a cercare ciò che in casa non possono avere. Lo frequento da circa 15 anni, quando, di domenica pomeriggio, ho iniziato a frequentarlo, arrivandoci il più delle volte in bici da casa. Ne avevo sentito parlare in giro, sui giornali e sul web, e sapevo che lì si ritrovavano (e ancora si ritrovano…) gay e nudisti di tutto il circondario, in un ambiente naturale molto piacevole ed abbastanza riservato. Non ricordo esattamente cosa è accaduto le prime volte che ci sono andato. Ricordo solo che all’epoca era frequentato molto anche da marchettari, che evitavo, in cerca di clienti. Le prime volte ero un po’ impreparato su tutto e mi limitavo più che altro ad osservare i moltissimi uomini nudi, di tutte le età, che prendevano il sole, ed intuivo alcuni movimenti “strani” di alcuni di loro che si appartavano nella boscaglia. Dopo i primi approcci con il luogo, cercando di non dare troppo nell’occhio a casa, iniziai ad attrezzarmi per i miei scopi. Acquistai quindi dei costumi e dei completi pantaloncini/maglietta, da usare quando andavo lì. Mi procurai un lucchetto per la catena della bici e uno zainetto multiuso. Così, iniziai a frequentare il posto in maniera più adeguata e senza dare troppo nell’occhio. Appena arrivavo sul posto, lasciavo la bici legata ad un albero e mi toglievo tutto o quasi tutto di dosso (a seconda dell’atmosfera che c’era), addentrandomi tra le spiaggette ed il bosco circostante. Lì ho provato per la prima volta l’ebbrezza del nudismo e del passeggiare nudi, cosa che faccio tuttora, anche al netto degli altri reconditi scopi. Le prime volte, appena nudo, o in slip, mi assaliva un’erezione persino imbarazzante; poi ho imparato a controllarmi un po’ di più. Intorno a me incontravo uomini più o meno nudi o seminudi che occhieggiavo con attenzione, attendendo magari un segnale positivo per un approccio. La maggior parte di essi erano palesemente gay e spesso mi ci sono accompagnato, anche se senza troppa soddisfazione, specialmente quelli che “scheccheggiavano”. Ma ho scoperto, anche chiacchierandoci o approcciandoli, che altri invece erano impegnati anche con l’altro sesso e, nel tempo, ho iniziato a preferirli sempre più. Oggi mi capita raramente di accettare un incontro con un gay. Invece, con i bisex, o presunti tali, ne ho combinate di tutti i colori: ogni rapporto ortodosso immaginabile, attivo e passivo, anche orgette di 4 o 5 persone, ponendo l’asticella dei pudori ogni volta un po’ più su, fino a liberarmi del tutto, o quasi, di ogni tabù. E’ stato proprio lì che, vedendo altri bisex farlo con estrema naturalezza, ho accettato, volta per volta,  prima l’orale e poi l’anale passivo ed il fatto di farmi venire in bocca, tutte cose che inizialmente ritenevo troppo “femminili” e che, invece, ho scoperto essere tranquillamente praticabili anche nel rapporto uomo a uomo, senza per questo perdere in virilità. La chiave di tutto risiede, secondo me, nel fatto che quegli uomini cercano proprio un altro uomo disposto a fare certe cose, e non un surrogato di una donna. Enumerare o raccontare nel dettaglio tutto quello che mi è successo all’Orco è, praticamente, impossibile. Dalle prime esperienze di “birdwacthing” nei confronti di un gruppo di eterissimi e bellissimi modelli torinesi che venivano all’Orco a prendere il sole nudi e non avevano nessuna intenzione di “consumare” alcunché con la restante “fauna” del luogo al rumeno magrissimo (ma molto determinato) che mi sono fatto (leggasi: inculato) pubblicamente su di una spiaggetta non troppo riservata, con tanti uomini nudi, giovani e meno giovani, che ci passavano accanto senza osare di avvicinarsi, i cui lubrici sguardi alla nostra “cavalcata” mi hanno eccitato moltissimo. Dal “padre di famiglia” che dopo avermi fatto il primo pompino della sua vita era fuori di sé dall’imbarazzo al panzuto ed improbabile tipo che, con una lunga manovra molto astuta, è riuscito, dopo 2 ore di chiacchiere, ad avere ragione della mia verginità anale tra la mia totale incredulità per la mia accondiscendenza. Dal tipo, con il quale non ho fatto niente, che voleva gli dicessi che volevo un figlio da lui al separato con il quale abbiamo irretito un giovane pastorello, spingendolo, eccitato dalle nostre ardite acrobazie nudiste, a masturbarsi, dopo essersi spogliato tutto nudo, sull’altra sponda del torrente. Grazie, Orco !

Un massaggio davvero rilassante

Dopo aver patito un terribile mal di schiena per un paio di settimane, su consiglio del mio medico, mi sono recato in un centro estetico dove praticano anche massaggi, per prenotare una serie di trattamenti. La receptionist, alla quale mi sono rivolto, mi ha fatto alcune domande ed ha esaminato brevemente la documentazione medica che avevo portato con me, poi mi ha fissato un appuntamento per la settimana successiva con un massaggiatore, che mi ha detto chiamarsi “Cuba”. Tornando a casa, mi sono immaginato che si trattasse di un sudamericano e ho atteso con ansia il passare dei giorni che mi separavano dal mio primo appuntamento, speranzoso che si trattasse di un bel ragazzo di colore. Sono rimasto quindi un po’ sorpreso quando, al giovedì successivo, mi sono recato nuovamente al centro per il mio primo massaggio e, dopo aver espletato le formalità burocratiche, sono stato avvicinato da un tipo sui 40 anni, di chiara origine esteuropea che tendendomi la mano mi dice: “Piacere, Kouba !”. Ho scoperto in seguito che il mio massaggiatore viene dalla Repubblica Ceca. Mentre ci dirigevamo nello studio l’ho osservato. Era tutto sommato un bell’uomo, alto e con un torace molto muscoloso e sviluppato ed un corpo molto massiccio. Arrivati nella stanza del massaggio, Kouba mi ha chiesto di porgergli le lastre che avevo con me e mi ha detto che potevo iniziare a spogliarmi, tenendo l’intimo. Avvicinatomi così alla sedia che c’era vicino al lettino per i massaggi, mi sono tolto scarpe, pantaloni e camicia; faceva già molto caldo e non indossavo la t-shirt intima, sono rimasto così con addosso solo un boxer bianco elasticizzato. Anche Kouba era tutto vestito di bianco, con una divisa composta da un pantalone e una giacca con una fila di bottoni posta di lato. L’ultimo bottone era sbottonato e la stoffa di cotone era ripiegata all’esterno. Ho così potuto notare che il mio massaggiatore era abbastanza peloso, poiché un ciuffo di peli neri spiccava sulla pelle bianchissima e si inoltrava fino alla piega del collo. Era inoltre evidente che, sotto la giacca, egli non indossava altro poiché le punte dei capezzoli erano molto pronunciate al di sotto di essa. Kouba, terminato di esaminare le mie lastre, mi ha fatto distendere a pancia in giù sul lettino. Gli ho detto che il maggior dolore lo avvertivo nella zona lombare. Egli allora mi ha preso l’orlo dei boxer e li ha abbassati leggermente, pur senza scoprirmi completamente il sedere. Poi l’ho sentito trafficare con delle boccettine e poco dopo ha iniziato a massaggiarmi energicamente, aiutandosi con degli oli e delle creme ed affondando sempre più le sue possenti mani nella mia schiena. Il tutto è durato circa tre quarti d’ora, poi Kouba mi ha passato su tutta la schiena un asciugamano di spugna per togliermi i residui di olio in eccesso e mi ha  riposizionato delicatamente il boxer, dicendomi che avevamo finito, dopodiché mi sono rivestito e l’ho ringraziato dandogli appuntamento per il giovedì successivo. Nelle settimane seguenti l’appuntamento con Kouba è divenuto una piacevole consuetudine. Il nostro rapporto era sempre più cordiale, pur se improntato alla massima professionalità. Un paio di volte mi era capitato di eccitarmi mentre mi toccava, ma ero sempre riuscito a tornare in stato di “quiete” al momento di voltarmi per alzarmi dal lettino. Tutto questo fino al fatidico giovedì in cui le cose cambiarono in maniera inaspettata. Quel giorno, entrando nello studio di Kouba, gli dissi che avvertivo un particolare dolore abbastanza forte ed intenso alla coscia destra; ovviamente, era vero; Kouba mi fece spogliare come al solito e poi mi fece stendere sul lettino per toccarmi il punto che mi doleva, dopodiché mi disse con sguardo severo e quasi nervoso: “E’ la sciatica”. Mi disse allora che per trattare quella zona che comprendeva la coscia e tutto il gluteo sarebbe stato opportuno togliermi anche l’intimo che certamente si sarebbe sporcato con l’olio; inoltre il boxer limitava in ogni caso le sue possibilità di manovra sulla parte. Inutile dire che la notizia mi mise subito in tensione. Lui invece, risoluto e serio, prese un asciugamano e lo pose al centro del lettino e mi disse: “esco un attimo, togliti le mutande e stenditi sul lettino come al solito”. Non capii subito che era uscito per una premura verso il mio pudore. Feci come mi aveva detto. Rientrò dopo pochi attimi e mi stese un altro telo di spugna più piccolo sul sedere e iniziò a massaggiarmi spostandolo di volta in volta secondo necessità. Durante il massaggio pensai più volte al momento in cui avrei dovuto alzarmi dal lettino, chiedendomi come avrei dovuto comportarmi, ma al termine del massaggio, dopo aver asciugato l’olio come sempre, Kouba si precipitò fuori dalla stanza in meno di un secondo. Capii, allora, che era nuovamente uscito per consentirmi di rivestirmi in tranquillità, riservatamente, e così feci, ma promisi a me stesso che la volta successiva le cose sarebbero andate diversamente. Sette giorni dopo arrivai al centro con un po’ di anticipo e attesi il mio turno in sala d’attesa rimuginando nella mente il piano che mi ero preparato. Quando fu il mio turno, Kouba mi accolse cordialmente come sempre e come ogni volta, stringendomi la mano, mi chiese “Come va ?”. Non risposi, accennando solo un mezzo sorriso, e scavalcatolo mi avvicinai come sempre alla sedia dove appoggiavo i miei vestiti; mi sfilai le scarpe e mi tolsi rapidamente camicia e pantaloni mentre Kouba mi osservava immobile appoggiato al tavolino delle creme e degli oli. Poi con una manovra rapida e decisa mi sfilai i boxer e li appoggiai sulla solita sedia dicendo: “la sciatica fa ancora male”, poggiando una mano sul lettino e guardandolo dritto in faccia; Kouba improvvisamente si animò in preda a grande agitazione; certamente non si aspettava che mi mostrassi nudo e mi parve molto imbarazzato dalla situazione. Voltandosi, prese precipitosamente un telo e, come la volta prima, lo pose sul lettino, passandomi di fianco e con lo sguardo basso cercando di non guardarmi. Poi mi stesi sul lettino e mi pose il telo piccolo sulle natiche, iniziando il suo trattamento. Dopo una decina di minuti passati in silenzio (non parlavamo quasi mai durante i massaggi), Kouba all’improvviso disse: “scusami, non avevo capito che ti faceva ancora male il nervo sciatico”; mi sentii avvampare poiché capii che quelle scuse erano riferite al fatto che mi ero nuovamente dovuto spogliare del tutto, ma stavolta con lui presente. Evidentemente, pensai, se glielo avessi detto prima di spogliarmi, egli avrebbe apprestato subito il telo sul lettino e poi sarebbe uscito dalla stanza come sette giorni prima, e mi chiesi se avesse anche solo minimamente capito che in realtà avevo appositamente evitato di dirglielo fino all’ultimo momento proprio perché volevo che fosse lì quando mi toglievo l’intimo. Attesi ancora qualche attimo e poi replicai: “Kouba, non c’è niente di male se mi vedi tutto nudo, non devi farti problemi; non è necessario che tu esca ogni volta”. Egli rispose: “Beh, infatti, per me non è un problema. Ma si tratta del protocollo. La proprietà ci chiede di fare così, per rispettare la privacy del cliente”. Tornai a ribattere: “Beh, a essere sincero, mi imbarazza molto di più vederti uscire dalla stanza, come se ci fosse da nascondere chissà che cosa”. Restammo in silenzio per tutto il resto del massaggio, ma quando fu il momento di alzarmi dal lettino, dopo che Kouba mi aveva asciugato l’olio, egli rimase lì al mio fianco senza muoversi ed io mi alzai con naturalezza, mostrandomi nuovamente nudo senza imbarazzo e sorridendogli. Rispose al mio sorriso, sorridendo a sua volta. Poi mi vestii mentre lui metteva un po’ d’ordine. Lo salutai stringendogli la mano senza immaginare che 7 giorni dopo avrei colto il frutto di quella “semina”. Il giovedì seguente, appena fui entrato nello studio, Kouba, stringendomi la mano, mi disse: “Come va la sciatica ? Preparo il telo ?”; gli dissi che effettivamente avrei gradito ancora una ripassata al nervo sciatico e cominciai a spogliarmi con più naturalezza delle altre volte; al momento di togliermi le mutande, Kouba rimase al suo posto accanto al lettino, senza fare una piega e senza abbassare lo sguardo; mi posi, come al solito, a pancia in sotto e attesi, come ogni volta, il primo getto di olio riscaldato sulla mia pelle; pochi attimi dopo sentii l’imponente figura di Kouba sopra di me  e avvertii il primo fiotto di olio sulla mia natica destra ma, inaspettatamente, un rivolo d’olio si insinuò nel solco tra le natiche e Kouba, immediatamente, e dicendo piano: “scusa, scusa”, si precipitò a tamponarlo con un piccolo telo di cotone, asciugando con delicatezza l’olio finito ormai sulla parete del perineo. Quel tocco leggero e setoso mi eccitò moltissimo e, in maniera naturale, senza potermi in alcun modo sottrarre, inarcai i glutei, così come tante volte avevo fatto quando nell’intimità con i miei partner maschili mi si toccava quella zona. Kouba, allora, si fermò un attimo; probabilmente non doveva essergli sfuggita la mia sottile eccitazione; intanto, sotto di me, anche il membro dava chiari segni di risveglio ed ora ero io a sentirmi in totale imbarazzo per avergli mostrato senza vergogna quanto avessi goduto di quell’imprevisto; ma dopo un momento, con mia sorpresa, Kouba, riprese a tamponare, con ancora maggior delicatezza, il solco delle natiche scendendo nuovamente fino al perineo; stavolta, senza remora alcuna, non mi limitai ad inarcare leggermente i glutei con un moto di piacere ma allargai anche un po’ le natiche; anche se stavo superando ogni limite di decenza e pudore, mi era impossibile dissimulare il piacere di quel momento ! Alle mie spalle, sentii che nuovamente Kouba si era fermato e, con la coda dell’occhio, lo vidi muoversi a passi lenti allontanandosi dal lettino. Che intenzioni aveva ? Anche se speravo fin dal primo giorno che prima o poi sarebbe capitato qualcosa di speciale, rimasi comunque sorpreso quando vidi che si avvicinava alla porta della stanza e, con un colpo secco, la chiuse a chiave. Per un attimo i nostri sguardi si incrociarono e intravidi nel suo molta decisione e sicurezza. Riposi quindi il capo nell’apposito vano del lettino e attesi. Pochi attimi dopo un nuovo rivolo di olio mi inondava il solco delle natiche, ma stavolta si intuiva che la direzione non era casuale, ma voluta; poi sentii le due larghe mani di Kouba insinuarsi contemporaneamente sui miei glutei, massaggiandoli energicamente e, a mano a mano, ad ogni passaggio i suoi pollici si avvicinavano sempre più al buco, sfiorandolo, ora uno ora l’altro, con sempre maggiore vigore. Ancora incredulo per l’evolversi della situazione, mi lasciai andare completamente, mentre con dolcezza il suo pollice sinistro, completamente unto, iniziava a penetrarmi. Inarcai nuovamente il sedere in segno di godimento ed allora avvertii che, nel frattempo, la mano destra di Kouba si insinuava avidamente tra le mie cosce alla ricerca del mio membro. Me lo carezzò, ungendolo, in lungo e in largo per alcuni secondi e poi improvvisamente lo sentii allontanarsi. Alzai allora la testa e mi voltai leggermente per vedere cosa stesse facendo Kouba. Aveva preso un telo dall’armadietto alla nostra destra e con quello si asciugava lentamente le mani e le braccia. Ci guardammo e stavolta mi sorrise in maniera complice. Poi cominciò a sbottonarsi la giacca, riavvicinandosi al lettino. Quando mi fu vicino se la tolse del tutto e la poso su di una sedia. Come immaginavo, sotto era a torso nudo. Poi si abbassò verso di me e mi baciò lievemente la schiena, mentre, dal rumore, intuii che stava trafficando con la lampo dei pantaloni; infatti quando si levò su nuovamente, aveva la patta aperta e con un semplice movimento delle gambe si disfece dei pantaloni, rimanendo in mutande. Intanto io, audace, avevo allungato la mano e gli carezzavo il torace villoso, gemendo di piacere. Si mise le dita nelle mutande e capii che voleva toglierle, ma lo fermai e lo feci spostare, ponendolo davanti al mio viso tenendogli le mani; poi, sporgendomi un po’, cominciai a leccargli tutto intorno il profilo del suo cazzo, che era già durissimo, da sopra le mutande. Quindi, qualche attimo dopo, io stesso insinuai le mani nel suo intimo spingendolo con dolcezza verso il basso finché il suo membro non fu del tutto scoperto. Mentre le mutande finivano ai suoi piedi, senza perdere tempo mi fiondai su quella mazza turgida all’inverosimile e iniziai a spompinarlo con foga. Intanto, anche se non era necessario, con le mani mi teneva la testa spingendomi sempre più verso di lui; questa sensazione di possesso mi eccitò tantissimo. Continuai il mio lavoretto con entusiasmo e passione finché Kouba non tentò di divincolarsi un paio di volte dalla stretta delle mie mani che intanto gli avevano cinto la vita. Ma resistetti, intuendo che stava per venire, poiché volevo che ciò accadesse tra le mie labbra; infatti, dopo pochi attimi, con gemiti appena trattenuti e scuotendosi tutto mi schizzò in bocca un fiotto caldo e salato di sborra che mi finì dritto nella gola ! Mollai allora la presa e lui si andò a lavare al lavandino le mani e il cazzo gocciolante. Poi prese le mutande e se le rimise e si avvicinò nuovamente al lettino dove lo attendevo tutto fremente. “Voltati” mi disse. Mi girai, esibendo la mia totale erezione, in attesa di capire le sue intenzioni. Si unse nuovamente le mani con l’olio e lo vidi fiondarsi sul mio cazzo con entrambe le mani; probabilmente voleva farmi una sega, ma lo fermai prima che potesse avvinghiarlo e dissi: “Aspetta !”. Detto ciò mi levai su in piedi e scesi dal lettino, poi, senza indugio, mentre lui mi osservava con le mani unte, mi avvicinai dietro di lui e gli abbassai nuovamente le mutande; senza opporre resistenza, alzò i piedi perché gliele potessi sfilare e così fu. Poi, mentre mi rimettevo sul lettino, dissi: “preferisco così”. Sorridendo mi cinse il cazzo con le sue mani impiastricciate di olio e cominciò a menarmelo. Dopo un po’, sentendomi molto eccitato, una delle due mani la insinuò nuovamente tra i miei glutei e mi penetrò prima con un dito e poi con due. Pochi attimi ed emisi un violento schizzo di sborra che finì un po’ sulla mia pancia e un po’ tra le sue mani. Si abbassò dolcemente su di me e mi protese le labbra. Ci baciammo. Da quella volta i nostri appuntamenti si sono sempre svolti “a porte chiuse” in total naked, per me e per lui, ed ogni volta, prima che finisca il tempo a disposizione, schizzi di sborra fiottano da entrambi i nostri membri con eguale impeto e violenza. Dopo un’iniziale titubanza, anche Kouba ha accettato di “visitarmi” oralmente (non l’aveva mai fatto, ma ha ammesso che non gli dispiace) ed ora sto cercando di convincerlo a farmi finire in bocca il lavoretto, ma è ancora sostenuto su questo. Spero che prima  o poi si lasci andare. Nessuna difficoltà invece nel farci penetrare reciprocamente i nostri profondi recessi con le altrui dita, uno o anche due alla volta. Per “altro” siamo ancora entrambi vergini. Chissà…magari in seguito…                     

giovedì 6 settembre 2012

IMPROVVISAMENTE L’ESTATE SCORSA…

Da quando ho scoperto anche la bellezza dei rapporti sessuali coniugati al maschile, il periodo delle vacanze ha sempre rappresentato per me una costante pausa dalle mie scorribande tra le altrui mutande da uomo; un momento di tregua dedicato esclusivamente alla famiglia, con una sola, breve ed eccitante eccezione occorsami alcuni anni fa in Grecia, nei bagni pubblici di una stazione degli autobus; eravamo in attesa della coincidenza per raggiungere una nuova meta di un tour di una settimana tra le bellezze della Grecia classica e ad un certo punto decisi di andare in bagno. Lì fui provocato da un tipo, credo greco, ma non ne sono sicuro (non parlammo molto…), che stava facendo finta di pisciare nell’orinatoio di fianco al mio; dopo essermi disposto nell’orinatoio per pisciare a mia volta, avevo lanciato uno sguardo distratto al “coso” del mio vicino e mi ero accorto così che era completamente eccitato e che con la mano sinistra si stava masturbando lentamente. Bastò un breve gioco di intese e di sguardi, e il tempo di rinfoderare i nostri arnesi, e ci rifugiammo rapidamente in uno dei bagni singoli con la porta, che richiudemmo alle nostre spalle. Senza troppi complimenti e convenevoli, tirammo fuori nuovamente le nostre mazze, a quel punto entrambe durissime, e iniziammo a segarci reciprocamente. Era un bel tipo, alto e magro, peloso quanto basta. Mi venne voglia di “assaggiarlo” e così mi inginocchiai leggermente e glielo presi in bocca. Mmmmmh ! Uno dei cazzi più buoni che avessi mai assaggiato ! Evidentemente doveva essere già molto su di giri poiché dopo pochi secondi mi spinse via con risolutezza e schizzò un fiotto di sborra contro la parete del WC. Apprezzai molto quella premura, anche perché all’epoca non mi ero ancora concesso oltre quel punto, e credo che mi sarei trovato a disagio se mi fosse venuto in bocca. Nel frattempo mi rialzai, gli presi la mano e gliela posi nuovamente intorno al mio uccello. Volevo venire anch’io. Capii che era un po’ seccato e che voleva uscire presto di lì, allora con dei cenni gli feci capire che anch’io ero sul punto di concludere e così cominciò, pur controvoglia, a farmi una sega decisa. Dopo pochi attimi gli sbrodolai tra le mani tutta la mia eccitazione sotto forma di liquido biancastro. Mi sorrise brevemente e aprì la porta mentre io mi ricomponevo. Corse subito a lavarsi le mani, mentre un tipo che pisciava ci guardava un po’ stranito e perplesso dal vedere due uomini uscire dallo stesso bagno. Andai a lavarmi le mani a mia volta e poi ci salutammo con un breve cenno della testa. Ci credereste ? Prima che uscissi dalla toilette si era già rimesso al pisciatoio, credo in attesa del suo prossimo momento di svago ! Quando tornai alla fermata trovai mia moglie assorta nella lettura di un libro; credo che non abbia neanche mai lontanamente immaginato cosa fosse accaduto poco prima nel bagno degli uomini. Tutto questo, appunto, ha rappresentato, fino all’estate appena trascorsa, l’unica digressione dalle mie vacanze formato famiglia. Finché quest’anno non ho conosciuto Matteo, il giorno stesso in cui siamo arrivati in villaggio nella località dell’Adriatico nella quale avevamo prenotato le nostre 2 settimane di vacanza. Avevamo scelto per noi un appartamento residence in un gruppo di villette bifamiliari a schiera, tutte al piano terra. La villetta di cui faceva parte il nostro appartamento si trovava quasi all’estremità del villaggio, era l’ultima della fila di casette a schiera ed era in una zona un po’ isolata. L’appartamento era molto bello ed ampio con una grande veranda esterna. Ogni veranda confinava con quella dell’appartamento vicino ed esse erano separate da due alti muretti inframezzati, al centro, da una colonna. Di qua e di là, tra la colonna e i muretti, vi era una fessura di due centimetri circa che lasciava intravedere un po’ la veranda di fianco. Mentre mia moglie disfaceva i bagagli, uscii appunto in veranda per familiarizzare con il luogo. Mi accorsi subito che nella veranda alla mia destra c’era qualcuno che parlava e mi parve una voce maschile. Con discrezione mi concentrai su una delle due fessure tra i muri e la colonna per vedere chi c’era dall’altra parte. Quello che vidi mi colpì subito. Il proprietario della voce era un uomo sui trent’anni; passeggiava tranquillo su e giù per la veranda e intanto parlava, in una lingua a me sconosciuta, al cellulare; cercando di non far intuire la mia presenza, provai a scrutarlo meglio nei particolari; indossava solo uno slip nero e calzava delle ciabatte da mare; era alto all’incirca un metro e ottanta ed era abbastanza magro, anche se qua e là si intuiva una muscolatura molto robusta ed allenata ed aveva i capelli scuri; dopo poco rientrò nel suo appartamento ed anch’io rientrai per prepararmi per andare a cena, chiedendomi se sarei stato in grado di riconoscerlo al ristorante. La cosa si rivelò più semplice del previsto, poiché lo riconobbi subito nella figura del giovane che era seduto al tavolo alla nostra sinistra. Mentre la mia famiglia ed io prendevamo posto al nostro tavolo, lo osservai un po’ più attentamente. Indossava dei bermuda color ruggine ed una maglia beige che mettevano in risalto la sua pelle già molto abbronzata; era effettivamente molto alto e notai anche un bellissimo sorriso; ai piedi aveva degli infradito di pelle, molto eleganti e raffinati nella loro semplicità. Ad un tratto alzò lo sguardo verso il nostro tavolo e, con cortesia, disse in un perfetto italiano: “buonasera”. Mia moglie, le bambine ed io, rispondemmo a nostra volta, quasi all’unisono, “buonasera”. Fui un po’ sorpreso di sentirlo parlare italiano; ascoltandolo nel pomeriggio al telefono mi ero fatto l’idea che fosse straniero, ma ora, osservandolo da vicino, non ne ero più così sicuro. Altra cosa strana era la “comitiva” al suo tavolo. Erano in tre. Oltre a lui c’erano un signore sui settant’anni un po’ malandato ed una bambina di 2-3 anni. Che strana comitiva, pensai ! E la madre della bambina ? Dov’era ? Forse non era ancora scesa…ma poi mi accorsi che il loro tavolo era apparecchiato solo per tre. Dunque non c’erano altri commensali nel loro strano gruppo di famiglia. La cena scorse via velocemente mentre ogni tanto gettavo uno sguardo all’oggetto del mio interesse; era veramente un bel ragazzo ! Non ci furono altri contatti tra noi quella sera, se non un cortese “buonasera” che sia lui che l’anziano pronunciarono quando si alzarono da tavola poco prima di noi. Al mattino dopo, in spiaggia, potei apprezzare l’organizzazione quasi militare di quel villaggio poiché scoprii, con piacere, che non eravamo solo vicini di appartamento e di tavolo al ristorante, ma anche i nostri ombrelloni erano disposti l’uno di fianco all’altro. Lo strano gruppetto dei tre era già sotto l’ombrellone quando arrivammo in spiaggia verso le dieci; a colazione non li avevamo visti, ma avevo notato che il loro tavolo era già in disordine quando eravamo arrivati nel ristorante. Stavolta, arrivando da dietro, fui io a dire per primo “buongiorno”. Sia lui che l’anziano si voltarono verso di noi e risposero cordialmente al saluto. Mentre disponevo le borse e le altre cose sotto l’ombrellone potei osservarlo bene da dietro gli occhiali scuri. Era seduto sulla sdraio con indosso solo un costume a pantaloncino nero che gli copriva a metà le cosce; al sole del mattino la sua carnagione olivastra ed abbronzata splendeva ancora di più mentre un lievissimo accenno di pancetta lo rendeva ancora più sexy; ma quello che mi eccitò moltissimo fu la forma dei suoi piedi, lunghi, affusolati e nodosi, che avevo notato già la sera prima al ristorante, un richiamo erotico come pochi. La mia naturale timidezza mi impedì quel giorno e quello successivo di provare a fare amicizia, al di là di formali e cordiali saluti di circostanza ogni volta che ci si ritrovava. Inoltre non ebbi modo e occasione di chiarirmi la situazione riguardo alla lingua parlata dallo sconosciuto, cosa che mi bloccava ulteriormente nell’approccio. Tra domenica e lunedì ci furono soltanto saluti e sorrisi; peraltro le mie figlie non parevano interessate a quella bambina, più piccola di loro, che giocava sotto l’ombrellone di fianco al nostro e quindi anche quel possibile “gancio” era escluso. Cominciai a pensare tra me e me che, come in tante occasioni precedenti, mi sarei limitato in quei 15 giorni a rimirare sospirante quell'uomo sconosciuto così carino, senza fare alcunché. Ma le cose cambiarono in maniera decisiva ed improvvisa nella notte tra il lunedì e il martedì. Sin dal nostro arrivo in villaggio, il tempo era stato molto bello ed anche molto caldo, ma quella sera una nuova corrente meridionale aveva portato un’afa veramente insopportabile, ed anche durante la notte la temperatura non era scesa più di tanto. Pur dormendo completamente nudo, non riuscivo a prendere sonno mentre, accanto a me, mia moglie segava tranquillamente legna alla grande. Mi sentivo sudato e accaldato e, cercando di non fare troppo rumore, mi alzai lentamente e andai nel soggiorno-cucina dell’appartamento per bere un po’ d’acqua, richiudendo dietro di me la porta della camera di letto. Anche dalla cameretta delle bambine non arrivava nessun “segno di vita”. Provai a sedermi un po’ sul divano di pelle ma neanche lì pareva spirare un filo d’aria. Così mi alzai e camminando sempre piano per non fare rumore mi avvicinai alla porta finestra che dava sulla veranda e l’aprii. Uscii fuori e subito sentii che lì l’aria era almeno respirabile. Guardai intorno di qua e di là con circospezione, dato che ero nudo, ma a quell’ora, erano le due e trenta, tutto il villaggio era profondamente addormentato e poi davanti alla nostra villetta, che era seminascosta, era difficile che passasse qualcuno. Feci alcuni passi fino al punto centrale del muretto di cinta per appoggiarmi e sporgermi e fu allora che lo vidi nella penombra. Il torace nudo del mio bel vicino sporgeva a sua volta dal muretto della sua veranda. Era appoggiato vicino al muro, quasi al “confine” tra le due verande, e pareva assorto nei suoi pensieri. Certamente non doveva essersi accorto di me. Decisi allora di tornare leggermente indietro e mi preparai ad affacciarmi con la massima naturalezza possibile ed appoggiarmi al muretto in prossimità del confine, come se stessi uscendo solo allora sulla veranda. Dovetti però sbucargli all’improvviso di fianco quasi come un fantasma, poiché quando con voce bassa e cordiale dissi: “stanotte mi sa che non si dorme”, rivolto a lui, egli si ritrasse all’interno della veranda un po’ spaventato (scoprii poi, in un secondo momento, il vero motivo del suo ritrarsi…anche lui, come me, era completamente nudo), ma dopo un attimo ricomparve e sorridendomi mi disse: “fa veramente troppo caldo, non si può stare a letto”. Parlava italiano ! Il ghiaccio era rotto e così sporsi leggermente la mano destra verso di lui dicendogli: “Antonio”; lui si sporse un po’ e strinse con la sua mano destra la mia…”Matteo”. Continuammo a parlare per qualche minuto del tempo e del gran caldo, dandoci del tu, senza troppi fronzoli, come vecchi amici. Anche se ero nudo, non ero preoccupato che potesse accorgersene; per farlo avrebbe dovuto sporgersi in maniera innaturale verso di me e guardare all’interno della veranda, mentre nella posizione in cui eravamo potevamo vedere ognuno solo una parte del torace nudo dell’altro. Ad un certo punto mi balenò un’idea in mente: pensai che forse avrei potuto convincerlo a fare un bagno in mare quella notte e che, se avessi giocato bene le mie carte, magari avremmo potuto vederlo nudo. Gli dissi così, ad un tratto, che era da quando ero arrivato che avevo voglia di esplorare un po’ in tranquillità i dintorni del villaggio, senza figli tra i piedi, e che forse quella notte infernale era l’occasione giusta per fare una passeggiata. A questa mia affermazione, mi fissò per un attimo con gli occhi a fessura come se volesse afferrare un pensiero lontano e poi disse: “Buona idea ! Andiamo ?”; senza pensarci troppo, gli risposi felice: “Ok ! Il tempo di mettermi qualcosa addosso senza svegliare tutti !”; e di rimando lui aggiunse piano: “Ci vediamo fuori, allora” e facendo un cenno con la mano scomparve rientrando nel suo appartamento. Rientrai a mia volta e afferrai al volo il costume pantaloncino e la maglietta che erano appoggiati su di una sedia e che usavo in quei giorni per fare il tragitto dall’appartamento alla spiaggia (di solito al mare uso solo costumi a slip, ma non mi piace circolare per il villaggio con solo quello addosso e dunque indosso sopra un pantaloncino ed una maglietta per raggiungere la spiaggia). Presi le chiavi e cercando di fare assoluto silenzio sgattaiolai fuori dalla porta d’ingresso. Matteo era già lì, indossava il pantaloncino color ruggine e la maglietta beige che gli avevo visto addosso la prima sera al ristorante. Entrambi calzavamo ciabatte da mare. “Dove si va ?”, mi disse. “Vorrei esplorare il lungomare nord”, risposi. Così ci incamminammo verso l’uscita del villaggio. Nel gabbiotto all’ingresso il custode notturno ronfava seduto su di una poltroncina e non ci vide nemmeno passare. Attraversammo la strada litoranea che ci separava dalle spiagge e iniziammo a passeggiare l’uno di fianco all’altro sulla passeggiata in direzione nord. Non c’era quasi nessuno in giro, ogni tanto ci sfrecciava affianco un’auto a gran velocità. Alla nostra destra si susseguivano ininterrotte le cabine dei vari stabilimenti balneari e i muretti di cinta, sino a che, dopo un chilometro circa, vidi che uno degli ennesimi lidi aveva un varco aperto nel muretto di cinta. Mi fermai e dissi a Matteo: “proseguiamo a riva di mare” ? Non disse né si né no, ma fece una faccia come per dire “Ma si” ! E ci introducemmo in quella spiaggia sconosciuta; superato il muretto vedemmo che tutto intorno a noi era silenzio. In effetti capimmo che si trattava di un varco che conduceva ad un pezzo di spiaggia libera, così rinfrancati del fatto che nessuno potesse contestarci l’intrusione procedemmo a passo sicuro verso la riva fino quasi a lambire con i piedi l’acqua. Ci fermammo un attimo a rimirare tutto intorno e ci guardammo con soddisfazione. Allora pensai che era il momento di prendere l’iniziativa e con un movimento deciso mi sfilai la maglietta e la infilai per un capo nel costume, poi mi sfilai le ciabatte e le presi in mano, il tutto senza dire niente. “Proseguiamo ?”, dissi. Matteo senza commentare il mio “strip”, fece di si con la testa e si incamminò al mio fianco. Dopo qualche metro, anch’egli, senza enfasi, si sfilò lentamente la maglietta. Camminammo ancora un po’ senza parlare, senza una vera e propria metà. Ad un certo punto si fermò un attimo e mi disse: “Che ora si è fatta ?”. Non aveva l’orologio al polso. “Le 3”, risposi. Poi aggiunsi: “Sei stanco ?”. “Un po’” rispose. Quella situazione mi piaceva molto ma avvertii che se non avessi assunto qualche altra iniziativa, a breve, tutto sarebbe finito e saremmo tornati indietro. Provando così a cambiare argomento, dissi con noncuranza, come se non me ne importasse molto: “L’acqua è molto invitante, quasi quasi mi farei un bagno”, il tutto senza guardarlo minimamente in volto e rivolto al mare, mentre Matteo era, praticamente, alle mie spalle.  Udii la sua voce dietro di me che diceva: “Eh, quasi quasi…è da una vita che non faccio un bagno di notte ! Da quando ero ragazzo. Ma io non ho il costume, non ci avevo pensato”; mi voltai e, con un sorriso angelico ed innocente, replicai: “Ormai siamo praticamente fuori paese e non abbiamo incontrato nessuno a piedi, dalla strada non ci possono vedere, che problema c’è ?”; lui sorrise un po’ imbarazzato e indicando il mio pantaloncino rispose con una leggera vena di rimprovero: “ma tu ce l’hai il costume !”. La sua risposta divenne un perfetto assist per provare a piazzare il colpo del Ko…mi voltai un attimo a guardarlo e poi voltandomi nuovamente verso il mare, con calma,  poggiai a terra le ciabatte e sfilai la maglietta dal mio pantaloncino e la posi su di esse. Poi mi voltai nuovamente a guardarlo per un attimo, stavolta con una tiepida aria di sfida, e subito mi infilai  i pollici nei pantaloncini e, con un movimento rapido, li feci cadere ai miei piedi; poi, con naturalezza, li sfilai del tutto, incamminandomi dentro l’acqua. Solo quando fui con le ginocchia nell’acqua mi voltai, mostrandomi a lui senza pudore, e gli gridai: “Dai ! Vieni ! Non farmelo fare da solo !”. Sin da quando mi ero voltato, lo avevo visto sorridere più sicuro e rilassato, ed ora aveva un sorriso largo, quasi di compassione. Senza replicare, lo vidi sfilarsi le ciabatte sulla sabbia e porci sopra la sua maglietta. Poi, con calma, si sbottonò i bermuda, se li sfilò e piegandoli bene li posò sulla maglietta. Indossava degli slip neri, come quelli che gli avevo visto addosso la prima volta che lo avevo intravisto in veranda. Per un attimo mi parve esitare e mi chiesi se non sarebbe forse entrato in acqua con gli slip. Forse era più pudico di quanto avessi potuto immaginare. Ma i miei timori si sciolsero in un attimo poiché, con aria divertita, sfilò rapidamente anche gli slip e si diresse di corsa verso l’acqua. Mi sorpassò muovendo acqua a tutto spiano e poi si tuffò di testa, immergendosi completamente. Lo raggiunsi, allora, un po’ più riluttante (l’acqua era tutto sommato fredda, accidenti !) ma poi mi decisi a fare la stessa cosa, anche per non sfigurare. Giocammo così per qualche secondo a tuffarci a ripetizione finché non fummo entrambi lì dove si toccava a malapena e solo allora ci fermammo l’uno di fronte all’altro. “Adesso si che si sta bene !”, dissi. “E’ fantastico !”, rispose. Tutto era successo così in fretta che solo in quel momento mi sovvenne un pensiero e mi ritrovai a ripercorrere nella mia mente ciò che era accaduto poco prima. Mi resi così conto che mentre l’avevo visto sfilarsi gli slip e percorrere i pochi metri che lo separavano dal mare, complice anche l’oscurità, non ero riuscito a farmi un’idea di come fosse messo lì sotto. Avevo però notato un nettissimo segno dell’abbronzatura e gli chiesi se non fosse già stato in vacanza (eravamo in fondo ai primi giorni di luglio). Lui mi rispose di no, che anzi aveva lavorato fino al mattino del sabato precedente. E allora con malcelata curiosità gli chiesi come mai era già così abbronzato. Fu così che scoprii che faceva l’istruttore di nuoto e che sin da fine maggio, quando la temperatura lo consentiva, svolgeva i suoi corsi nella piscina scoperta del centro sportivo dove lavorava, in provincia di Udine, e dunque, se capitava, passava più o meno tutta la giornata in costume da bagno. Ci dicemmo ancora due o tre cose senza importanza e poi decidemmo che era ora di tornare a riva. Fendendo lentamente l’acqua, uscimmo a poco a poco dal mare e ci incamminammo verso le nostre cose abbandonate sul bagnasciuga un po’ più in là. Durante la nuotata ci eravamo infatti spostati di qualche decina di metri. Mentre camminavamo fianco a fianco, ci guardammo reciprocamente più volte, sorridendo. Attimo dopo attimo, avvertivo chiaramente che ci sentivamo sempre meno imbarazzati e certamente, pensavo, la condivisione di una situazione così intima avrebbe contribuito a sviluppare il nostro rapporto di semplice conoscenza nei giorni a seguire. Giunti al punto dove avevamo lasciato i vestiti chiesi a me stesso come avrei dovuto comportarmi a quel punto, ma fu Matteo a darmi inconsapevolmente la risposta, poiché si sedette a terra di fianco alle sue cose e poi piantando i gomiti nella sabbia si distese per il lungo. Io, che ero rimasto un attimo fermo ad osservarlo, mi precipitai allora ad imitarlo, stendendomi al suo fianco. Spirava dal mare una leggera brezza ed io mi stavo godendo appieno quel momento unico di virile intimità. “Che bello, si sta proprio bene”, disse, rompendo il momento di silenzio. Intanto, cercando di sembrare il più naturale possibile, tendevo il capo e lo sguardo per vedere, finalmente, da vicino come era messo nei “paesi bassi”. Constatai così, con onestà, che aveva un pisello di dimensioni più che dignitose, seppur niente di speciale, contornato da un gran cespuglio di peli neri. Constatai anche che non lo esibiva né lo nascondeva. Si comportava in maniera molto naturale e semplicemente pareva non importargliene molto. Per provocarlo, gli chiesi come mai avesse fatto tante storie per spogliarsi. “Non è che ho fatto storie” disse sorridendo “credevo che volessi fare il bagno in costume e, forse, allora, credo che mi sarei sentito un po’ a disagio a farlo nudo. Ma quando ti sei tolto il pantaloncino, ho capito che mi ero sbagliato”. “Senti” ripresi “posso chiederti una cosa, se non sono troppo indiscreto ?”, continuai senza mai guardarlo; non rispose; pensai che chi tace acconsente e proseguii, “ma chi sono i tuoi compagni di viaggio ?”. Non mi parve seccato di questa domanda ma rispose laconico “mio padre e mia figlia”. “Ah !“, feci io, come per dire “ho capito”; poi aggiunsi “bella bambina”, poiché mi sentivo in imbarazzo. Lui allora si voltò sul fianco verso di me, con un’aria strana, e mi disse: “E poi ?”. E poi…cosa ?”, replicai ancora più imbarazzato. “Immagino tu voglia chiedermi che fine ha fatto la madre”. Sorrisi e risposi: “beh, non sarebbero affari miei”. “Ci siamo lasciati dopo 2 anni di matrimonio quando AnniKa, nostra figlia, aveva sei mesi; Annika vive con sua madre in Slovenia; la mia ex-moglie è slovena; grazie alla bambina abbiamo mantenuto un rapporto civile; questi sono i giorni di vacanza che mi spettano in estate e così ho pensato di portare anche mio padre per darmi una mano e anche perché penso che gli faccia piacere passare del tempo con sua nipote”. Non sapendo cosa replicare dissi: “mi sembra una bambina adorabile”. “Lo è ! E, infatti, stravedo per lei. Mi dispiace molto non poterla vedere tutti i giorni, anche se, di fatto, abita a solo 45 minuti di distanza da casa mia; ma sai tra il lavoro e tutto il resto non posso andarla a trovare tutti i giorni”. Guardai l’orologio, erano passate da poco le quattro. Mi voltai verso di lui e dissi: “Che facciamo ? Andiamo ?”. In realtà non ne avevo nessuna voglia. Avrei voluto rimanere lì per tutta la notte, ma ero anche contento di quel momento così intimo che ci eravamo regalati. Lui mi guardò su e si alzò in piedi. “Dovremmo fare un altro bagno per ripulirci dalla sabbia”, disse ridendo. Gli risposi: “ho un’idea migliore, vieni con me”. Avevo adocchiato a pochi metri da noi la fila di ombrelloni di un lido. Speravo che, come in quasi tutti i lidi, ci fossero delle docce all’aperto. Facemmo una cinquantina di metri nella penombra dell’alba in direzione del lido, tenendo le nostre cose in mano. Tutto ad un tratto, provenendo dalle nostre spalle (ma ce ne accorgemmo proprio solo all’ultimo momento) ci sfrecciò di fianco un tipo in tenuta da jogging (pantaloncini e canottiera) che, senza scomporsi troppo, ci sorpassò proseguendo la sua corsa. Ci guardammo un po’ sorpresi e scoppiamo in una grossa risata. Come previsto le docce, fredde, c’erano e facendoci un po’ di coraggio vi ci tuffammo sotto, scrollandoci di dosso tutta la sabbia. Poi saltammo un po’ su noi stessi come due scemi per asciugarci. Indossai il mio pantaloncino e Matteo si mise gli slip, calzammo le ciabatte, e così sistemati ci dirigemmo verso il “nostro” varco. Prima di affacciarci sulla passeggiata Matteo, oramai quasi del tutto asciutto, si rimise anche i bermuda. Entrambi restammo a torso nudo. Attraversammo la strada e ci infilammo nel villaggio a passo svelto. Nel tragitto verso i nostri appartamenti non incontrammo nessuno. Prima di rientrare ci salutammo e Matteo disse a voce bassa: “esperienza da ripetere assolutamente…”. Rientrai cercando di fare il massimo del silenzio e mi disfeci subito delle cose che avevo addosso. Sentii un movimento dalla mia camera e così mi fiondai in bagno, chiudendo la porta dietro di me, preoccupato che mia moglie stesse per alzarsi. Non accesi la luce ma i primi bagliori dell’alba, che filtravano dal finestrino, illuminarono il mio profilo nello specchio sopra il lavandino. Mi fermai un attimo a scrutarmi, ma non avevo bisogno di guardarmi a fondo per capire quello che sentivo dentro di me. Ero eccitato. Tirai lo sciacquone e uscii dal bagno dirigendomi in camera. Non sentii russare, segno che mia moglie non dormiva del tutto, mi infilai lesto sotto il lenzuolo e, senza troppa cura, mi posi dietro di lei che era distesa sul fianco insinuandole il membro eretto tra le cosce; ci volle un po’ perché si riprendesse dal sonno, ma nel frattempo io l’avevo già dolcemente voltata con la pancia in su e mi ero posto su di lei; poi mi inumidii tre dita e rapidamente le infilai nel suo boschetto per farmi strada; un attimo ancora e, tolte le dita, le fui dentro. Iniziai a spingere sempre più rapidamente mentre lei attimo dopo attimo era sempre più presente e ora con il palmo della mano destra mi accarezzava piano il perineo, cosa che lei sa piacermi moltissimo; aumentai allora i colpi mentre lei, esperta, mi violava dolcemente l’ano con il dito medio inumidito. Pochi secondi e le sborrai nella fica tutta l’eccitazione che mi aveva provocato quell’esperienza notturna con Matteo. Subito dopo ci baciammo e mi voltai a dormire sul fianco. Verso le sette del mattino mi sentii accarezzare dolcemente. Era lei. Prima il tutto era durato molto poco e lei non aveva goduto; ora, certamente, voleva la sua parte di piacere. Le feci così intendere che ero abbastanza sveglio e prendendole la mano destra gliela posi sul membro per farle sentire che era già duro. Mi venne sopra (la posizione che preferiva in assoluto) e bagnata fradicia di umori si infilò dentro il mio cazzo. Stavolta lasciai che fosse lei a dettare il ritmo, finché non la sentii gemere di piacere. Le misi allora due dita in bocca e gliele feci leccare. Poi lei si accucciò sul fianco e mi prese  il cazzo in bocca, lavorandomi tutta la cappella con la lingua; in pochi attimi raggiunsi l’apice e le scaricai nelle fauci una modesta quantità di sperma (ero venuto da solo 2 ore !) che assaporò fino all’ultima goccia. Ci alzammo insieme e ci dirigemmo in bagno per fare una doccia. Mentre ci insaponavamo reciprocamente, la vidi molto rinfrancata dal doppio rapporto e pensai che non poteva immaginare neanche lontanamente che per tutto il tempo della nostra frenetica scorribanda sessuale avevo avuto davanti a me l’immagine di Matteo nudo disteso al mio fianco. Quello che non potevo, invece, immaginare io era che di lì a pochi giorni il rapporto di conoscenza/amicizia con Matteo avrebbe avuto una svolta inimmaginabile.
Al mattino, come sempre, a colazione arrivammo quando loro erano già andati via e così rividi Matteo soltanto in spiaggia. Seduti sotto l’ombrellone, verso le 11, finalmente ci ritrovammo soli mentre tutti i nostri familiari erano impegnati nelle attività dell’animazione. Alzando la testa da un giornale sportivo, Matteo mi chiese: “tutto Ok stanotte ?”. “Si” risposi, senza aggiungere particolari; “e tu ?” aggiunsi; “boh, mio padre si è svegliato mentre facevo la doccia e mi è venuto a chiedere come mai fossi in piedi alle 5 di mattina; ma gli ho solo detto che avevo troppo caldo; non ci sarebbe stato niente di male a dirgli che ero uscito, ma non voglio che si preoccupi”, poi dopo un attimo di pausa disse: “ma la prossima volta dobbiamo andare organizzati !”; “certamente !”, risposi; non ebbi il coraggio, però, di riprendere l’argomento durante quel giorno e di provare a fissare il nuovo appuntamento; ciononostante, quella notte mi alzai verso l’una e trenta e andai in veranda, speranzoso di trovarlo nuovamente lì, anche se non faceva caldo come la notte precedente; attesi un’ora ma non accadde nulla. Nei giorni successivi attesi un cenno da lui, in spiaggia o al ristorante, ma niente; oramai mi stavo quasi rassegnando all’idea che non ci sarebbe stata un’altra occasione e che la sua pronunciata intenzione era stato solo un atto di cortesia, quando inaspettatamente il giovedì sera mi si avvicinò allo spettacolo serale e mi disse con aria circospetta: “mi pare che stasera faccia molto caldo”, e intanto sorrideva un po’ malizioso; lo guardai con aria interrogativa ma senza dir niente; e allora lui aggiunse: “che ne dici di andare stanotte ?”; non c’era bisogno di specificare altro, il dove e il cosa; eccitatissimo all’idea di un altro bagno notturno in sua compagnia, dissi soltanto “buona idea…ma stavolta organizzati !” e ci mettemmo a ridere; ci demmo appuntamento per l’una; rientrato nel residence con la famiglia, prima di andare a letto, con molta attenzione, cercando di non dare nell’occhio, mi preparai le cose: una canottiera, un costume a slip, uno zainetto, un telo mare e anche lo shampoo e poi andammo tutti a dormire. Verso la mezza mi alzai con movimenti lenti e felpati e, come l’altra volta, andai in soggiorno; indossai il costume e la canottiera e misi le altre cose nello zaino, poi uscii in veranda, e attesi che si facesse l’una; a quel punto rientrai in camera, presi le chiavi e uscii, sempre facendo attenzione a non fare rumore; Matteo, in pantaloncini e maglietta, era già fuori dal suo appartamento e, appena mi vide, mi sembro sorpreso di vedermi con lo slip da bagno. “Pensavo che anche stanotte avremmo fatto il bagno senza costume !”, disse ridendo. “Infatti ! Non appena arrivo in spiaggia lo tolgo !”, confermai, pronto e divertito. E così feci. Appena arrivammo nella stessa spiaggia dell’altra volta, senza neanche attendere di essere a riva di mare, mi tolsi provocatoriamente il costume (la maglietta l’avevo già tolta, come del resto anche Matteo, strada facendo), poi posai le mie cose, zaino compreso, sulla sabbia, e iniziai a correre verso il mare e mi ci tuffai. Dopo un po’ Matteo, sorpreso dalla mia manovra repentina, arrivò anch’egli a riva di mare portando con sé anche le mie cose e, dopo aver sistemato bene tutto sulla sabbia, si tolse il pantaloncino. Mi rallegrai nel constatare che non indossava altro. Mi disposi, allora, lì dove l’acqua mi arrivava fino alle ginocchia, in modo da schizzarlo mentre entrava in acqua, ma quello che vidi mentre si avvicinava con passi lenti e sicuri mi bloccò. Senza minimamente porsi il problema di nasconderla, avanzava verso di me esibendo una totale erezione, quasi con aria di sfida. Per stemperare la mia tensione per quell’improvviso imprevisto, provai a scherzare dicendo: “ti vedo molto teso, stasera !” indicando platealmente con la testa il suo pube. In realtà quello più teso ero io poiché sentii arrivare un calore dall’interno e che anche per me si stava sviluppando tra le mie cosce un inevitabile alzabandiera. Quando mi arrivò vicino non sapevo più cosa fare; ormai anche io ero completamente turgido e mi chiesi se, nonostante tutto, mi avrebbe chiesto spiegazioni del mio stato di eccitazione; dovetti invece rendermi conto che non sembrava affatto sorpreso di vedermi in quello stato. Anzi, sorrideva ! Del resto anche lui esibiva un birillo completamente dritto ! Quando mi fu vicino, senza parlare, mi prese delicatamente il membro con la mano destra e iniziò a scappellarmelo. Non ero certo preparato ad una evoluzione così rapida della situazione ma mi dissi che era ciò che volevo sin dal primo momento e che non era il caso di sottilizzare, così, con calma, feci la stessa cosa a lui. Iniziammo a masturbarci reciprocamente guardandoci dritto negli occhi finché le nostre teste non si avvicinarono e dischiudemmo le bocche in un bacio virile ed irruente. Senza staccare le nostre labbra, le mani si fecero sempre più audaci e mentre le rispettive destre percorrevano sempre più rapidamente la superficie dei nostri cazzi, le sinistre si insinuavano sulla pelle dell’altro accarezzandola freneticamente in ogni punto. In breve fummo vinti dall’eccitazione e spostandoci più a riva, cademmo quasi a corpo morto nell’acqua bassa, dove, sempre avvinghiati, continuammo a segarci appassionatamente fino all’esplosione quasi contemporanea dei nostri umori. Appena fummo venuti, dopo un attimo di tregua durante il quale rimanemmo abbracciati senza fiatare, Matteo si alzò di scatto e tornò a tuffarsi, seguito da me. Ci rincorremmo per un po’, ridendo ed acchiappandoci tra cadute e abbracci finché, stanchi e stremati, riguadagnammo la riva tenendoci per mano, pur senza tenerezza. Ci adagiammo l’uno accanto all’altro sul bagnasciuga e restammo per qualche secondo in silenzio, appoggiati sui gomiti, rimirando, ormai senza pudore, ogni centimetro di pelle dell’altro. Fu Matteo a rompere il silenzio, chiedendomi piano, quasi con timore: “Tutto Ok ?”. In effetti ero un po’ stranito dal fatto che la situazione da me sognata si fosse tramutata in realtà e, forse, dovevo sembrargli un po’ dubbioso e pentito su ciò che era accaduto poco prima. Non risposi alla sua domanda, ma rilanciai con curiosità un’altra domanda che era implicitamente una risposta alla sua: “Come l’hai capito ?”. Sorrise di più, credo anche rinfrancato dal mio tono tranquillo e rilassato che denunziava un’assoluta serenità riguardo a quello che avevamo fatto. “E’ da quando ci siamo conosciuti che mi guardi in un modo ! Diciamo che ho captato dei segnali. L’altra sera pensavo, ad un certo punto, che mi saresti saltato addosso ma siccome non è accaduto ho quasi pensato di essermi sbagliato e di aver capito male, così stasera ho deciso che toccava a me venire a vedere le tue carte…e ho scoperto che non mi ero sbagliato”. Sorrisi e gli accarezzai dolcemente il torace. Nelle notti seguenti scoprii che la moglie lo aveva lasciato dopo che lo aveva sorpreso a letto con un collega di lavoro, che era stato il suo primo flirt al maschile, e che ora si concedeva, come me, senza particolari problemi, avventure con persone di entrambi i sessi. Tornammo su quella spiaggia altre 4 volte (praticamente una sera si e una no…) approfondendo sempre più le nostre effusioni, passando dalla masturbazione al rapporto orale e da quello al rimming ed alle stimolazioni anali con le dita (lui non aveva ancora avuto rapporti anali completi e mi confessò di averne paura ma riuscii ugualmente a rilassarlo fino a penetrarlo con due dita). L’ultima sera prima della partenza, anche se un po’ riluttante (in questi casi voglio sempre essere ricambiato…) gli concessi di penetrarmi. Fu molto delicato, anche in considerazione del fatto che si trattava del più grosso calibro con il quale avevo mai avuto a che fare. Poi, per rifarmi della mancata reciprocità, volli venirgli in bocca, dopo che mi aveva spompinato per un’ultima volta. Tornammo nei nostri appartamenti quasi all’alba e sulla soglia ci demmo l’ultimo bacio. Decidemmo insieme di non scambiarci i numeri di telefono e di lasciare al caso un eventuale nuovo incontro, che credo non capiterà mai, anche se l’intensità di quelle notti in riva al mare, nudi ed avvinghiati, mi resterà certamente nella mente per molto tempo.